Me ne stavo seduto pigramente sulla mia scricchiolante sedia
di legno, rivolto verso la grande finestra alle spalle della scrivania dell’ufficio.
Osservavo il maestoso paesaggio della città: quel ramo della tangenziale sud,
che volgeva a mezzogiorno, tra due file non interrotte di grattacieli, tutto curve
e svincoli, a seconda dello scorrere e del rientrare del traffico, veniva,
quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di viottolo, tra
un centro commerciale a destra, e un ampio parcheggio dall'altra parte. Passai
qualche minuto a rimirare quel caotico spettacolo metropolitano, prima di
volgermi nuovamente verso la scrivania e non mi stupii di trovarla in
disordine, forse avrei dovuto spiegare meglio alla mia segretaria Fenici il
concetto di “riordinare”. Nessuno dei fascicoli che le avevo chiesto era nel
giusto ordine, perciò dovetti prendere dal mucchio un nuovo caso su cui
lavorare. Mi colpì immediatamente la lettera ingiallita priva di mittente: era
scritta a mano, lo stile era elegante ma lo stesso non si poteva dire dei
termini usati (che qui non riporterò); questo cliente pretendeva giustizia,
ritenendo la sua immagine infangata da falsi pettegolezzi comparsi su un
celebre sito di fanfiction chiamato EFP.
Siccome non avevo altri casi urgenti per le mani, preferii
levarmi di dosso questa grana ed uscii dall'ufficio per recarmi sul luogo del
misfatto e controllare questi pettegolezzi; non mi ci volle molto per risalire
alla fonte del caso, una fanfiction dal titolo: “Le Innominabilità dell’Innominato” di Dyotima.
Vi avverto subito che qui parleremo di una storia da bollino
rosso, quindi care madri chiudete i vostri pargoli in camera e voi di stomaco
debole premunitevi con sacchettini. L’introduzione ci conduce subito al cuore
della fanfiction, il protagonista è niente poco di meno che l’Innominato:
efferato signorotto di una zona non ben precisata della Lombardia. Per chiunque
abbia letto o abbia rimembranze di noiose lezioni di letteratura di Alessandro
Manzoni, avrà subito capito che stiamo parlando dei Promessi Sposi. Continuando
a leggere scopriamo che in questa fanfiction si parlerà della: “ferrea
disciplina che vigeva nel castellaccio di questo signore. E le punizioni -forse
peggiori dei suoi delitti- previste per i bravi che non adempievano a ciò che
era stato loro ordinato di fare.” Dunque uno spaccato sulla vita di questo
criminale incallito e dalla mente contorta, essendo egli uno dei personaggi più
complessi a livello psicologico che Manzoni abbia mai creato, le aspettative sono
ben alte ed il tema suscita un certo interesse. I personaggi sono:
l’Innominato, i suoi Bravi e Lucia Mondella, quindi ci si aspetta una storia
incentrata sulle vicende dei capitoli XX e XXI dei Promesso Sposi, rapimento di
Lucia e prigionia nel castello. Tuttavia continuando a leggere non ho potuto fare
a meno di provare un certo ribrezzo nel leggere la parola slash, ma il mio lavoro mi porta spesso di fronte a casi
scioccanti, per cui mi sono fatto coraggio ed ho iniziato la lettura.
La vicenda si apre coi bravi pronti a fermare Lucia con lo
stratagemma delle indicazioni per raggiungere Monza, fin qui tutto okay, la
presenza della carrozza con la quale poi i bravi rapiranno Lucia, per portarla
al castellaccio del loro padrone, si inserisce perfettamente con le vicende del
capitolo XX. Tuttavia già dopo le prime righe ben preparate ecco arrivare la
prima mazzata alla storia originale, il lungo dialogo tra Lucia ed i Bravi che
precede il rapimento viene tagliato di netto… I lettori si staranno domandando
a cosa sia servito che il Nibbio le abbia chiesto le indicazioni per Monza se
tanto poi l’assale subito insieme ai suoi compagni senza farla parlare, poi
un’altra cosa: dove ci troviamo? In che luogo si svolge questa scena? Il tutto
sembra avvolto dal mistero, ma andiamo avanti:
“Sentì,
all'improvviso, qualcosa che la afferrava per il collo e qualcos'altro che le
bloccava, con uno strattone, le braccia dietro la schiena. Si sentì assalire da
più parti e capì che si trattava di braccia.
Braccia nerborute, da
contadini navigati. O da bravacci, come ne giravano tanti da quelle parti.”
Qui abbiamo un classico esempio di come un’azione semplice
può essere resa in modo contorto e complesso: leggendo questo passo più e più
volte non solo faccio fatica a capire la dinamica dell’azione, ma non posso
fare a meno di pensare che Lucia sia un po’ tonta, dato che non riesce a capire
subito che quel “qualcosa” e “qualcos’altro” che l’assalgono, sono le
braccia delle persone con cui sta “parlando”… Cavoli sono persone che stanno di
fronte a lei! Poi perché usare dei termini indefiniti? Con quante parti del
corpo umano si può assalire una persona?
Comunque, i Bravi in un modo o nell’altro riescono ad
utilizzare le loro braccia per bloccare la povera Lucia che si dispera invocando
aiuto mentre il terrore prendeva il sopravvento: “Su Renzo, sulla madre, sulla monaca. Per un momento, persino sulla
Madonna e su Dio”… Ma da dove sono sbucati tutti questi personaggi? E
stanno tutti senza far niente? Passi per Renzo, Agnese e la monaca, ma almeno
il buon Dio e la Madonna potrebbero dare una mano a Lucia invece che assistere
alla scena terrorizzati. Ancora una volta, siamo di fronte ad un concetto che
dovrebbe apparire chiaro ma che viene buttato giù in maniera superficiale.
Frasi del genere se ne trovano in tutta la fanfiction, insieme ad altre molto
chiare ma che instillano qualche dubbio nel lettore.
“Una mano, estremità
di una di quelle tante braccia, le impedì di continuare.” Il concetto dovrebbe
essere abbastanza ovvio ma più lo leggo, più un dubbio atroce mi assale: se una
mano è l’estremità di un braccio, le altre braccia cos’hanno per estremità?
Spade? Pistole? Lancia missili? Testate nucleari? Se si sente la necessità di
dare delle spiegazioni specifiche, che rasentano l’ovvio (come il concetto che
una mano è l’estremità di un braccio) bisognerebbe almeno controllare che
queste spiegazioni non risultino contorte ma semplici, non sempre l’uso di un
linguaggio ed un’espressione ricercata è sinonimo di qualità o di completezza.
Lucia dunque, è in balia di questi nerboruti Bravi, di cui uno dotato di mani
all’estremità delle sue braccia (per gli altri non ci è dato sapere), e
comincia a dimenarsi per cercare una via di fuga, anche se a questo punto
l’unica cosa che sembra fuggire da questa situazione sia l’IC della
contadinella di Lecco. Ma stiamo parlando davvero di Lucia Mondella? Quella
giovane santa donna, al cui confronto Madre Teresa sembra la saponificatrice di Correggio? Evidentemente al monastero aveva imparato molto di più che preghiera
e mansuetudine.
“Affondò i denti nella
carne che le opprimeva il respiro. Il proprietario della mano cacciò un urlo
che poco aveva di umano, e la ritirò sanguinante. Gli altri bravi (erano due)
ebbero un attimo di esitazione, che bastò alla giovane per divincolarsi e
fuggire. Corse. Corse finché il respiro glielo permise.”
Eh già! Certo! La dolce Lucia che prende a morsi gli
aggressori e se ne fugge via, mi domando come mai a questo punto della storia
non sia andata a cercare direttamente Don Rodrigo e il Griso e non gliele abbia
suonate. Questa narrazione non rispetta nemmeno il carattere dei personaggi
creati dall’autore, in nessun frangente dei Promessi Sposi Lucia si darebbe
alla violenza come autodifesa… Anzi di fatto nel romanzo non si difende mai:
prega, piange e si dispera.
“Di lei si disse poi
che era tornata al monastero e Gertrude, con un'amarezza compensata da un
sollievo che non osava confessarsi, l'aveva fatta rientrare come se niente
fosse. Lo scartafaccio, purtroppo, non ci lascia modo di sapere come la monaca
si fosse poi comportata con Egidio, ma possiamo ben immaginare in che modo
placasse le voglie e i risentimenti di un satiro simile.”
Continua anche qui la distruzione dell’intera trama
dell’opera, la fanfiction segna come genere: missing moments (momenti non narrati all'interno dell’opera), ma
qui invece troviamo gli eventi della trama originale completamente riscritti…
aspettate però, non è finita qui, questo infernale carosello di oscenità è solo
all'inizio. I Bravi dunque si lasciano sfuggire Lucia che, dopo essersi
liberata dalla morsa di tre omoni grossi almeno il doppio di lei, riesce a seminarli
correndo all'impazzata. Vorrei riflettere un attimo sulla situazione un po’
bizzarra, gli sgherri dell’Innominato sono dei briganti con una certa
esperienza, forti (anzi nerboruti) armati di tutto punto e, cosa non da poco,
sono ben tre! Lucia, la poverina, è una ragazza gracile e timida, com'è
possibile che con un semplice morso riesca a liberarsi di tre uomini molto più
forti di lei? E ancora: questi Bravi che razza di briganti sono? Uno di loro
sanguina e gli altri due stanno a guardare? Quando Lucia si mette a correre non
potrebbero inseguirla? Hanno pure una carrozza!
La fanfic ci informa che Lucia riesce, alla fine, a tornare
al convento, un fatto che oltre a stravolgere l’intero corso del romanzo, non
viene neanche approfondito. Dato che non sappiamo quanta strada avesse già
fatto Lucia, mi domando: dove si trovava? Quanto tempo ci ha impiegato? Ora che
non è più minacciata dall'Innominato riuscirà a tornare da Renzo? Domande che
rimarranno prive di risposta, visto che di Lucia non ne sentiremo più parlare
per il resto della fanfiction.
Fallito il tentativo di rapire Lucia (strano i Bravi del
romanzo ci riuscivano!) i nostri tre sfortunati ritornano malconci e con la
carrozza vuota al castello del loro padrone, non ci è dato sapere quali pensieri
abbiano attraversato le loro menti, eppure di domande da porsi ne avrebbero
avute a iosa, giusto per suggerirne una: perché non utilizzare la carrozza per
inseguire Lucia. Appena arrivati al castello vengono accolti dalla vecchia e
bisbetica governante dell’Innominato la quale, appresa la notizia del
fallimento, va a chiamare l’efferato signorotto. Questi si presenta sulla
soglia con: due pugnali alla cintura, una pistola carica in una mano ed una
carabina a tracolla! Ma chi è, Ezio Auditore? Optimus Prime? Terminator? L’immagine di questo vecchio che gira per il
suo castello armato come se dovesse partire per la guerra, mi dà l’idea che non
stia molto bene mentalmente. Ma l’Innominato non trova fastidioso alla sua età passeggiare
con tutte quelle armi addosso? A cosa
gli servono dentro il castello? Se poi si agghinda in questo modo per
accogliere i suoi sgherri, figuriamoci le tonnellate di armi che si mette
addosso se arrivano dei nemici! Vabbè… Veniamo al rapporto del Nibbio sulla
missione:
“-Dunque non l'avete.
-No, signore.
-E perché non l'avete?
Vi siete fatti sopraffare da una donnetta. Voi non valete quanto una
donnetta...
-Ci è sfuggita. Noi
abbiamo fatto tutto come si era convenuto, ma non ci aspettavamo una simile
reazione...
-Basta. Venite con me.
Sapete cosa vi meritate per questo servigio.”
Beh, molto esaustivo davvero! È incredibile come
l’Innominato riesca a mantenere il suo aplomb di fronte al fallimento dei suoi
uomini migliori, così com'è incredibile che il Nibbio cerchi di giustificare il
fallimento dando merito a Lucia di averli colti di sorpresa… Questi Bravi
sembrano più dei “bravi” a nulla che degli assassini a sangue freddo. Dopo il
dettagliato rapporto della missione dove non viene spiegato né come Lucia sia
potuta fuggire, né perché i Bravi non l’abbiano inseguita con la carrozza,
l’efferato signorotto è pronto a somministrare la giusta dose di punizioni per
i suoi sgherri negligenti. Li conduce così in uno stanzino angusto dove, ad un
suo cenno, i tre uomini cominciano a spogliarsi fino a rimanere completamente
nudi, ci viene offerta una descrizione dei tre corpi ed anche dettagli (non
richiesti) sull'odore pungente che emanano.
Qui comincia la parte incriminata che il mio cliente mette
sotto accusa, ed in effetti anch'io
stento a credere che il vero Innominato avrebbe mai potuto abbandonarsi a tali
laide pratiche, considerando che alla sua età, si sentiva prossimo alla morte e
pronto a mettere in discussione un’intera vita di crimini e scelleratezze.
Tuttavia come ho detto prima, ci troviamo di fronte all'ennesimo stravolgimento
della trama e dei personaggi. Questa versione hardcore dell’Innominato comincia
la seduta punitiva con un fragoroso sparo della sua pistola che: non solo non
assorda nessuno nella piccola stanza, ma non riesce neppure a scaldare il ferro
della canna. Passandola infatti lungo la schiena del Nibbio questi prova dei “brividi” che lo scuotono. Ora, se non
fosse una verifica pericolosa da provare a casa ve la consiglierei anche, ma
fidatevi quando vi dico che il ferro di una pistola che ha appena sparato è
tutt'altro che freddo, il Nibbio dovrebbe quantomeno riportare delle ustioni
lungo tutta la schiena e gemere di dolore per il ferro arroventato. Invece,
dopo diversi sfregamenti, lo troviamo pure eccitato!
A questo punto il lascivo padrone comanda ad uno dei
restanti servitori di fare un bel “servizietto” al Nibbio… E se state pensando
che mi riferisca ad un bagno con acqua e sapone, vi sbagliate di grosso! La
bocca del gaglioffo comincia a lavorare sul “sesso
non lavato” del collega il quale sembra apprezzare. L’Innominato non si
dimentica del terzo scagnozzo e gli comanda di accucciarsi per ricevere la sua
parte, ovviamente questi obbedisce ed assistiamo così anche alla scena di sesso
anale tra il Nibbio ed il povero Bravo:
“Il bravo accucciato a
quattro zampe non dovette aspettare molto. Sentì delle meni ruvide, callose,
abituate a compiere atrocità afferrargli la carne flaccida della schiena. E un
dolore, subito lancinante, ma che sfociò immediatamente in un piacere che
partiva da un punto nel basso ventre e si espandeva a ogni singola terminazione
nervosa, si impossessò di lui. Il Nibbio gli era dentro. Andava avanti e
indietro, come invasato, voglioso di un piacere sempre maggiore (che il nostro
anonimo avesse letto De Sade?).”
Da dove cominciare? Partendo dai due sicari: il Nibbio
sembra piuttosto felice di fare la parte del “donatore”, ed anche il
“ricevente” dopo un iniziale attimo di titubanza sembra apprezzare le doti del
suo partner. La scena, inoltre, è descritta con incredibile precisione, è ricca
di numerosi dettagli quasi volesse farci provare le stesse sensazioni dei due
“amanti”. Per non parlare del riferimento a De Sade! Il Divin marchese nasce
nel 1740 ed i suoi scritti risalgono ad un periodo compreso fra il 1788 ed il
1800, come potrebbe il nostro “anonimo secentista” averle lette? Deve aver
vissuto davvero a lungo, considerato che i Promessi Sposi è ambientato tra il
1628 ed il 1630. Aggiungerei anche lo stupore del lettore nell'appurare che queste,
più che punizioni, sembrano piacevoli intermezzi fra una missione e l’altra. Tornando
sulla scena descritta nella fanfiction, non c’è tempo nemmeno per fermarsi ed
approfondire la psicologia o i pensieri dei personaggi, poiché l’Innominato
passa subito ad elargire una nuova “punizione”… Una masturbazione forzata del
giovane scagnozzo. Continuo a sospettare che questo vecchio delinquente più che
da padrone inflessibile si comporti da magnaccia di bassa lega e non posso che
provare un senso di pietà misto a disgusto, mentre proseguo nella lettura di
questa fic, nel vedere dipinto un Innominato più schiavo dei suoi istinti
perversi, che del dramma interiore che sta vivendo; la sua figura è molto OOC
rispetto all'originale. Mentre è ancora impegnato nel suo lavoro manuale, il
Nibbio conclude la sua performance in bellezza: imbrattato il sederino del
collega, si va ad accucciare in un angolo “con
una certa rabbia, perché sapeva che, per almeno tutto il giorno seguente, gli
altri due gli avrebbero dato dell'impotente e si sarebbero fatti beffe di lui,
per quanta autorità potesse esercitare.”
Qui davvero stento a capire: ma al Nibbio piace
intrattenersi in rapporti sessuali con altri uomini? Da dove nasce la sua
preoccupazione per l’impotenza? Ma soprattutto… Questa non doveva essere una
punizione? Personalmente se dovessi punire qualcuno per una sua manchevolezza,
cercherei di metterlo in una situazione spiacevole, nella quale non si senta a
suo agio; questa scena invece trasmette tutto fuorché disagio o disperazione, i
Bravi dovrebbero soffrire per le turpi azioni che il loro padrone li costringe
a compiere, invece se la godono eccome! La fanfiction si conclude con
l’immagine del nostro Innominato, versione magnaccia dei poveri, solo nella
stanzina delle punizioni.
Cosa dire in generale di questa fanfiction? Sicuramente che
non rispetta né la trama originale dell’opera, né il carattere dei personaggi
del Manzoni. Come detto in precedenza, la fanfic presenta come unica nota missing moments (momenti mancanti nella
trama originale), ma dovrebbe segnalare piuttosto un what if? (se fosse successo così…) per via dello stravolgimento
della trama: nel romanzo Lucia non fugge dai Bravi dell’Innominato ed il
rapimento ha successo, se si cambia questo punto allora tutto lo sviluppo
successivo del romanzo non risulta coerente. Ci sono anche forti elementi di OOC (out of character) nei personaggi
dato che: Lucia ricorre alla violenza per difendersi dai suoi aggressori, cosa
che assolutamente non avviene mai nel romanzo e soprattutto non è conforme al
carattere della Mondella, la quale rappresenta nell'opera manzoniana tutti gli
ideali di purezza e mansuetudine propri della fede cristiana. L’Innominato, poi
è totalmente diverso da come ci viene presentato alla sua prima apparizione nel
capitolo XX dei Promessi Sposi. L’efferato criminale sta attraversando un periodo di forte crisi
spirituale, ripensa alla sua vita di crimini e comincia a temere per la propria
anima, combattuto fra la sua indole immorale ed un desiderio ancora inespresso di redenzione. Rileggendo l'Innominato della fanfiction, tutto mi sembra fuorché combattuto e sofferente... Anzi se la spassa di brutto! Inoltre non c'è il minimo indizio sul contesto, non c’è alcuna indagine
sulla psicologia dei personaggi, le azioni si susseguono l'una all'altra senza
essere legate da alcun filo conduttore, come nelle migliori storie PWP (trama, quale
trama?) che ovviamente qui non è segnalato. Oltretutto non ci vengono spiegate le scelte
operate dai personaggi: perché i Bravi non inseguono Lucia? Perché l’Innominato
usa la perversione sessuale come punizione? Perché questa perversione non
sembra una punizione ma un piacere per chi la subisce? Domande a cui la fanfic
non risponde, lasciando nel lettore un senso di confusione e smarrimento.
A conclusione del caso, mi riservo di dare ragione al mio
anonimo cliente (ormai avrete capito anche voi chi è), questa storia non ha
nulla a che vedere con lui o con le vicende a lui associate, è una storia che
ha come unico fine la minuziosa descrizione delle azioni di un vecchio,
che gioca a fare il padrone perverso coi suoi servi compiacenti. A chiusura di
questo fascicolo mi permetto un’ultima considerazione personale: se questi sono
i Promessi Sposi, che la provvidenza ci aiuti!
Brrrrr! Sono quasi contenta di non aver fatto a scuola i Promessi Sposi, così posso continuare a considerare i nomi Mondella, Bravi ed Innominato come invenzioni originali e non creazioni storpiate del povero Manzoni!
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