18 mar 2014

Un Caso Innominabile

Me ne stavo seduto pigramente sulla mia scricchiolante sedia di legno, rivolto verso la grande finestra alle spalle della scrivania dell’ufficio. Osservavo il maestoso paesaggio della città: quel ramo della tangenziale sud, che volgeva a mezzogiorno, tra due file non interrotte di grattacieli, tutto curve e svincoli, a seconda dello scorrere e del rientrare del traffico, veniva, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di viottolo, tra un centro commerciale a destra, e un ampio parcheggio dall'altra parte. Passai qualche minuto a rimirare quel caotico spettacolo metropolitano, prima di volgermi nuovamente verso la scrivania e non mi stupii di trovarla in disordine, forse avrei dovuto spiegare meglio alla mia segretaria Fenici il concetto di “riordinare”. Nessuno dei fascicoli che le avevo chiesto era nel giusto ordine, perciò dovetti prendere dal mucchio un nuovo caso su cui lavorare. Mi colpì immediatamente la lettera ingiallita priva di mittente: era scritta a mano, lo stile era elegante ma lo stesso non si poteva dire dei termini usati (che qui non riporterò); questo cliente pretendeva giustizia, ritenendo la sua immagine infangata da falsi pettegolezzi comparsi su un celebre sito di fanfiction chiamato EFP.
Siccome non avevo altri casi urgenti per le mani, preferii levarmi di dosso questa grana ed uscii dall'ufficio per recarmi sul luogo del misfatto e controllare questi pettegolezzi; non mi ci volle molto per risalire alla fonte del caso, una fanfiction dal titolo: “Le Innominabilità dell’Innominato” di Dyotima.

Vi avverto subito che qui parleremo di una storia da bollino rosso, quindi care madri chiudete i vostri pargoli in camera e voi di stomaco debole premunitevi con sacchettini. L’introduzione ci conduce subito al cuore della fanfiction, il protagonista è niente poco di meno che l’Innominato: efferato signorotto di una zona non ben precisata della Lombardia. Per chiunque abbia letto o abbia rimembranze di noiose lezioni di letteratura di Alessandro Manzoni, avrà subito capito che stiamo parlando dei Promessi Sposi. Continuando a leggere scopriamo che in questa fanfiction si parlerà della: “ferrea disciplina che vigeva nel castellaccio di questo signore. E le punizioni -forse peggiori dei suoi delitti- previste per i bravi che non adempievano a ciò che era stato loro ordinato di fare.” Dunque uno spaccato sulla vita di questo criminale incallito e dalla mente contorta, essendo egli uno dei personaggi più complessi a livello psicologico che Manzoni abbia mai creato, le aspettative sono ben alte ed il tema suscita un certo interesse. I personaggi sono: l’Innominato, i suoi Bravi e Lucia Mondella, quindi ci si aspetta una storia incentrata sulle vicende dei capitoli XX e XXI dei Promesso Sposi, rapimento di Lucia e prigionia nel castello. Tuttavia continuando a leggere non ho potuto fare a meno di provare un certo ribrezzo nel leggere la parola slash, ma il mio lavoro mi porta spesso di fronte a casi scioccanti, per cui mi sono fatto coraggio ed ho iniziato la lettura.

La vicenda si apre coi bravi pronti a fermare Lucia con lo stratagemma delle indicazioni per raggiungere Monza, fin qui tutto okay, la presenza della carrozza con la quale poi i bravi rapiranno Lucia, per portarla al castellaccio del loro padrone, si inserisce perfettamente con le vicende del capitolo XX. Tuttavia già dopo le prime righe ben preparate ecco arrivare la prima mazzata alla storia originale, il lungo dialogo tra Lucia ed i Bravi che precede il rapimento viene tagliato di netto… I lettori si staranno domandando a cosa sia servito che il Nibbio le abbia chiesto le indicazioni per Monza se tanto poi l’assale subito insieme ai suoi compagni senza farla parlare, poi un’altra cosa: dove ci troviamo? In che luogo si svolge questa scena? Il tutto sembra avvolto dal mistero, ma andiamo avanti:

“Sentì, all'improvviso, qualcosa che la afferrava per il collo e qualcos'altro che le bloccava, con uno strattone, le braccia dietro la schiena. Si sentì assalire da più parti e capì che si trattava di braccia.
Braccia nerborute, da contadini navigati. O da bravacci, come ne giravano tanti da quelle parti.”

Qui abbiamo un classico esempio di come un’azione semplice può essere resa in modo contorto e complesso: leggendo questo passo più e più volte non solo faccio fatica a capire la dinamica dell’azione, ma non posso fare a meno di pensare che Lucia sia un po’ tonta, dato che non riesce a capire subito che quel “qualcosa” e “qualcos’altro” che l’assalgono, sono le braccia delle persone con cui sta “parlando”… Cavoli sono persone che stanno di fronte a lei! Poi perché usare dei termini indefiniti? Con quante parti del corpo umano si può assalire una persona?
Comunque, i Bravi in un modo o nell’altro riescono ad utilizzare le loro braccia per bloccare la povera Lucia che si dispera invocando aiuto mentre il terrore prendeva il sopravvento: “Su Renzo, sulla madre, sulla monaca. Per un momento, persino sulla Madonna e su Dio”… Ma da dove sono sbucati tutti questi personaggi? E stanno tutti senza far niente? Passi per Renzo, Agnese e la monaca, ma almeno il buon Dio e la Madonna potrebbero dare una mano a Lucia invece che assistere alla scena terrorizzati. Ancora una volta, siamo di fronte ad un concetto che dovrebbe apparire chiaro ma che viene buttato giù in maniera superficiale. Frasi del genere se ne trovano in tutta la fanfiction, insieme ad altre molto chiare ma che instillano qualche dubbio nel lettore.
“Una mano, estremità di una di quelle tante braccia, le impedì di continuare.” Il concetto dovrebbe essere abbastanza ovvio ma più lo leggo, più un dubbio atroce mi assale: se una mano è l’estremità di un braccio, le altre braccia cos’hanno per estremità? Spade? Pistole? Lancia missili? Testate nucleari? Se si sente la necessità di dare delle spiegazioni specifiche, che rasentano l’ovvio (come il concetto che una mano è l’estremità di un braccio) bisognerebbe almeno controllare che queste spiegazioni non risultino contorte ma semplici, non sempre l’uso di un linguaggio ed un’espressione ricercata è sinonimo di qualità o di completezza. Lucia dunque, è in balia di questi nerboruti Bravi, di cui uno dotato di mani all’estremità delle sue braccia (per gli altri non ci è dato sapere), e comincia a dimenarsi per cercare una via di fuga, anche se a questo punto l’unica cosa che sembra fuggire da questa situazione sia l’IC della contadinella di Lecco. Ma stiamo parlando davvero di Lucia Mondella? Quella giovane santa donna, al cui confronto Madre Teresa sembra la saponificatrice di Correggio? Evidentemente al monastero aveva imparato molto di più che preghiera e mansuetudine.

“Affondò i denti nella carne che le opprimeva il respiro. Il proprietario della mano cacciò un urlo che poco aveva di umano, e la ritirò sanguinante. Gli altri bravi (erano due) ebbero un attimo di esitazione, che bastò alla giovane per divincolarsi e fuggire. Corse. Corse finché il respiro glielo permise.”

Eh già! Certo! La dolce Lucia che prende a morsi gli aggressori e se ne fugge via, mi domando come mai a questo punto della storia non sia andata a cercare direttamente Don Rodrigo e il Griso e non gliele abbia suonate. Questa narrazione non rispetta nemmeno il carattere dei personaggi creati dall’autore, in nessun frangente dei Promessi Sposi Lucia si darebbe alla violenza come autodifesa… Anzi di fatto nel romanzo non si difende mai: prega, piange e si dispera.

“Di lei si disse poi che era tornata al monastero e Gertrude, con un'amarezza compensata da un sollievo che non osava confessarsi, l'aveva fatta rientrare come se niente fosse. Lo scartafaccio, purtroppo, non ci lascia modo di sapere come la monaca si fosse poi comportata con Egidio, ma possiamo ben immaginare in che modo placasse le voglie e i risentimenti di un satiro simile.”

Continua anche qui la distruzione dell’intera trama dell’opera, la fanfiction segna come genere: missing moments (momenti non narrati all'interno dell’opera), ma qui invece troviamo gli eventi della trama originale completamente riscritti… aspettate però, non è finita qui, questo infernale carosello di oscenità è solo all'inizio. I Bravi dunque si lasciano sfuggire Lucia che, dopo essersi liberata dalla morsa di tre omoni grossi almeno il doppio di lei, riesce a seminarli correndo all'impazzata. Vorrei riflettere un attimo sulla situazione un po’ bizzarra, gli sgherri dell’Innominato sono dei briganti con una certa esperienza, forti (anzi nerboruti) armati di tutto punto e, cosa non da poco, sono ben tre! Lucia, la poverina, è una ragazza gracile e timida, com'è possibile che con un semplice morso riesca a liberarsi di tre uomini molto più forti di lei? E ancora: questi Bravi che razza di briganti sono? Uno di loro sanguina e gli altri due stanno a guardare? Quando Lucia si mette a correre non potrebbero inseguirla? Hanno pure una carrozza!
La fanfic ci informa che Lucia riesce, alla fine, a tornare al convento, un fatto che oltre a stravolgere l’intero corso del romanzo, non viene neanche approfondito. Dato che non sappiamo quanta strada avesse già fatto Lucia, mi domando: dove si trovava? Quanto tempo ci ha impiegato? Ora che non è più minacciata dall'Innominato riuscirà a tornare da Renzo? Domande che rimarranno prive di risposta, visto che di Lucia non ne sentiremo più parlare per il resto della fanfiction.

Fallito il tentativo di rapire Lucia (strano i Bravi del romanzo ci riuscivano!) i nostri tre sfortunati ritornano malconci e con la carrozza vuota al castello del loro padrone, non ci è dato sapere quali pensieri abbiano attraversato le loro menti, eppure di domande da porsi ne avrebbero avute a iosa, giusto per suggerirne una: perché non utilizzare la carrozza per inseguire Lucia. Appena arrivati al castello vengono accolti dalla vecchia e bisbetica governante dell’Innominato la quale, appresa la notizia del fallimento, va a chiamare l’efferato signorotto. Questi si presenta sulla soglia con: due pugnali alla cintura, una pistola carica in una mano ed una carabina a tracolla! Ma chi è, Ezio Auditore? Optimus Prime? Terminator?  L’immagine di questo vecchio che gira per il suo castello armato come se dovesse partire per la guerra, mi dà l’idea che non stia molto bene mentalmente. Ma l’Innominato non trova fastidioso alla sua età passeggiare con tutte quelle armi addosso?  A cosa gli servono dentro il castello? Se poi si agghinda in questo modo per accogliere i suoi sgherri, figuriamoci le tonnellate di armi che si mette addosso se arrivano dei nemici! Vabbè… Veniamo al rapporto del Nibbio sulla missione:

“-Dunque non l'avete.
-No, signore.
-E perché non l'avete? Vi siete fatti sopraffare da una donnetta. Voi non valete quanto una donnetta...
-Ci è sfuggita. Noi abbiamo fatto tutto come si era convenuto, ma non ci aspettavamo una simile reazione...
-Basta. Venite con me. Sapete cosa vi meritate per questo servigio.”

Beh, molto esaustivo davvero! È incredibile come l’Innominato riesca a mantenere il suo aplomb di fronte al fallimento dei suoi uomini migliori, così com'è incredibile che il Nibbio cerchi di giustificare il fallimento dando merito a Lucia di averli colti di sorpresa… Questi Bravi sembrano più dei “bravi” a nulla che degli assassini a sangue freddo. Dopo il dettagliato rapporto della missione dove non viene spiegato né come Lucia sia potuta fuggire, né perché i Bravi non l’abbiano inseguita con la carrozza, l’efferato signorotto è pronto a somministrare la giusta dose di punizioni per i suoi sgherri negligenti. Li conduce così in uno stanzino angusto dove, ad un suo cenno, i tre uomini cominciano a spogliarsi fino a rimanere completamente nudi, ci viene offerta una descrizione dei tre corpi ed anche dettagli (non richiesti) sull'odore pungente che emanano.
Qui comincia la parte incriminata che il mio cliente mette sotto accusa,  ed in effetti anch'io stento a credere che il vero Innominato avrebbe mai potuto abbandonarsi a tali laide pratiche, considerando che alla sua età, si sentiva prossimo alla morte e pronto a mettere in discussione un’intera vita di crimini e scelleratezze. Tuttavia come ho detto prima, ci troviamo di fronte all'ennesimo stravolgimento della trama e dei personaggi. Questa versione hardcore dell’Innominato comincia la seduta punitiva con un fragoroso sparo della sua pistola che: non solo non assorda nessuno nella piccola stanza, ma non riesce neppure a scaldare il ferro della canna. Passandola infatti lungo la schiena del Nibbio questi prova dei “brividi” che lo scuotono. Ora, se non fosse una verifica pericolosa da provare a casa ve la consiglierei anche, ma fidatevi quando vi dico che il ferro di una pistola che ha appena sparato è tutt'altro che freddo, il Nibbio dovrebbe quantomeno riportare delle ustioni lungo tutta la schiena e gemere di dolore per il ferro arroventato. Invece, dopo diversi sfregamenti, lo troviamo pure eccitato!
A questo punto il lascivo padrone comanda ad uno dei restanti servitori di fare un bel “servizietto” al Nibbio… E se state pensando che mi riferisca ad un bagno con acqua e sapone, vi sbagliate di grosso! La bocca del gaglioffo comincia a lavorare sul “sesso non lavato” del collega il quale sembra apprezzare. L’Innominato non si dimentica del terzo scagnozzo e gli comanda di accucciarsi per ricevere la sua parte, ovviamente questi obbedisce ed assistiamo così anche alla scena di sesso anale tra il Nibbio ed il povero Bravo:

“Il bravo accucciato a quattro zampe non dovette aspettare molto. Sentì delle meni ruvide, callose, abituate a compiere atrocità afferrargli la carne flaccida della schiena. E un dolore, subito lancinante, ma che sfociò immediatamente in un piacere che partiva da un punto nel basso ventre e si espandeva a ogni singola terminazione nervosa, si impossessò di lui. Il Nibbio gli era dentro. Andava avanti e indietro, come invasato, voglioso di un piacere sempre maggiore (che il nostro anonimo avesse letto De Sade?).”

Da dove cominciare? Partendo dai due sicari: il Nibbio sembra piuttosto felice di fare la parte del “donatore”, ed anche il “ricevente” dopo un iniziale attimo di titubanza sembra apprezzare le doti del suo partner. La scena, inoltre, è descritta con incredibile precisione, è ricca di numerosi dettagli quasi volesse farci provare le stesse sensazioni dei due “amanti”. Per non parlare del riferimento a De Sade! Il Divin marchese nasce nel 1740 ed i suoi scritti risalgono ad un periodo compreso fra il 1788 ed il 1800, come potrebbe il nostro “anonimo secentista” averle lette? Deve aver vissuto davvero a lungo, considerato che i Promessi Sposi è ambientato tra il 1628 ed il 1630. Aggiungerei anche lo stupore del lettore nell'appurare che queste, più che punizioni, sembrano piacevoli intermezzi fra una missione e l’altra. Tornando sulla scena descritta nella fanfiction,  non c’è tempo nemmeno per fermarsi ed approfondire la psicologia o i pensieri dei personaggi, poiché l’Innominato passa subito ad elargire una nuova “punizione”… Una masturbazione forzata del giovane scagnozzo. Continuo a sospettare che questo vecchio delinquente più che da padrone inflessibile si comporti da magnaccia di bassa lega e non posso che provare un senso di pietà misto a disgusto, mentre proseguo nella lettura di questa fic, nel vedere dipinto un Innominato più schiavo dei suoi istinti perversi, che del dramma interiore che sta vivendo; la sua figura è molto OOC rispetto all'originale. Mentre è ancora impegnato nel suo lavoro manuale, il Nibbio conclude la sua performance in bellezza: imbrattato il sederino del collega, si va ad accucciare in un angolo “con una certa rabbia, perché sapeva che, per almeno tutto il giorno seguente, gli altri due gli avrebbero dato dell'impotente e si sarebbero fatti beffe di lui, per quanta autorità potesse esercitare.”
Qui davvero stento a capire: ma al Nibbio piace intrattenersi in rapporti sessuali con altri uomini? Da dove nasce la sua preoccupazione per l’impotenza? Ma soprattutto… Questa non doveva essere una punizione? Personalmente se dovessi punire qualcuno per una sua manchevolezza, cercherei di metterlo in una situazione spiacevole, nella quale non si senta a suo agio; questa scena invece trasmette tutto fuorché disagio o disperazione, i Bravi dovrebbero soffrire per le turpi azioni che il loro padrone li costringe a compiere, invece se la godono eccome! La fanfiction si conclude con l’immagine del nostro Innominato, versione magnaccia dei poveri, solo nella stanzina delle punizioni.

Cosa dire in generale di questa fanfiction? Sicuramente che non rispetta né la trama originale dell’opera, né il carattere dei personaggi del Manzoni. Come detto in precedenza, la fanfic presenta come unica nota missing moments (momenti mancanti nella trama originale), ma dovrebbe segnalare piuttosto un what if? (se fosse successo così…) per via dello stravolgimento della trama: nel romanzo Lucia non fugge dai Bravi dell’Innominato ed il rapimento ha successo, se si cambia questo punto allora tutto lo sviluppo successivo del romanzo non risulta coerente. Ci sono anche forti elementi di OOC (out of character) nei personaggi dato che: Lucia ricorre alla violenza per difendersi dai suoi aggressori, cosa che assolutamente non avviene mai nel romanzo e soprattutto non è conforme al carattere della Mondella, la quale rappresenta nell'opera manzoniana tutti gli ideali di purezza e mansuetudine propri della fede cristiana. L’Innominato, poi è totalmente diverso da come ci viene presentato alla sua prima apparizione nel capitolo XX dei Promessi Sposi. L’efferato criminale sta attraversando un periodo di forte crisi spirituale, ripensa alla sua vita di crimini e comincia a temere per la propria anima, combattuto fra la sua indole immorale ed un desiderio ancora inespresso di redenzione. Rileggendo l'Innominato della fanfiction, tutto mi sembra fuorché combattuto e sofferente... Anzi se la spassa di brutto! Inoltre non c'è il minimo indizio sul contesto, non c’è alcuna indagine sulla psicologia dei personaggi, le azioni si susseguono l'una all'altra senza essere legate da alcun filo conduttore, come nelle migliori storie PWP (trama, quale trama?) che ovviamente qui non è segnalato. Oltretutto non ci vengono spiegate le scelte operate dai personaggi: perché i Bravi non inseguono Lucia? Perché l’Innominato usa la perversione sessuale come punizione? Perché questa perversione non sembra una punizione ma un piacere per chi la subisce? Domande a cui la fanfic non risponde, lasciando nel lettore un senso di confusione e smarrimento.


A conclusione del caso, mi riservo di dare ragione al mio anonimo cliente (ormai avrete capito anche voi chi è), questa storia non ha nulla a che vedere con lui o con le vicende a lui associate, è una storia che ha come unico fine la minuziosa descrizione delle azioni di un vecchio, che gioca a fare il padrone perverso coi suoi servi compiacenti. A chiusura di questo fascicolo mi permetto un’ultima considerazione personale: se questi sono i Promessi Sposi, che la provvidenza ci aiuti!

1 commento:

  1. Brrrrr! Sono quasi contenta di non aver fatto a scuola i Promessi Sposi, così posso continuare a considerare i nomi Mondella, Bravi ed Innominato come invenzioni originali e non creazioni storpiate del povero Manzoni!

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