30 ott 2015

Giorno d'inventario: I 10 Momenti più belli di Naruto (Parte 2)

#5 – Gaara vs Naruto
(fonte: mangareader.net)
Fenici: Mostro contro mostro. C’è differenza? Tanta, molta più di quanto dicano le apparenze: uno ha scelto di esserlo e l’altro ha voluto staccarsi da quell’etichetta. E sono le motivazioni delle loro scelte a segnare una ferita profonda nell’animo di Naruto, colui che ha deciso di vivere la vita amando gli altri e proteggendoli da qualunque pericolo: Gaara ha deciso di amare solo se stesso, di vedere le persone come una minaccia al suo diritto a vivere, un monito tristemente impresso sulla fronte dopo aver scoperto la cruda realtà di non essere mai stato amato. Per rafforzare il suo diritto ad esistere è disposto a uccidere chiunque senza battere ciglio, non comprende chi si sacrifica per gli altri. E questo spaventa in modo terribile Naruto, che vede in Gaara il più forte. Il pensiero spavaldo del giovane shinobi s’incrina di fronte al cinismo del mostro, ma all’improvviso riacquista l’audacia di sempre quando la vita dei suoi amici si trova in pericolo. Allora Naruto capisce che anche se il rischio di morire è presente come non mai, lui non vuole perdere contro quella visione terribile del mondo, contro l’annullamento di ogni speranza per la distruzione totale di qualsiasi persona. Lui sa di essere più forte, sa che fino a quando avrà delle persone care da proteggere non abbasserà il capo in segno di sconfitta. Anche Gaara si piegherà alla sua forza. Anche il chakra della volpe.
Questo è il momento in cui le convinzioni di Naruto vengono scosse. Gaara è il personaggio perfetto per mettere in crisi il ragazzo, per chiedergli sottilmente se sia la strada percorsa dal protagonista la migliore o se, invece, Gaara abbia preso la direzione che permette di raggiungere la vera forza. Ed è straordinaria la potenza della risposta di Naruto, il coraggio con cui si pone davanti al pericolo per colpire in pieno viso il nemico con una verità priva di mezze misure: se Gaara provasse ancora a toccare i suoi amici, Naruto lo ucciderebbe. E’ la replica che lo shinobi di Sunagakure non si aspettava, quella che lo lascia senza parole perché sono quelle convinzioni ad averlo annichilito. Il tutto in uno scontro mastodontico, grande quanto la determinazione dei due protagonisti: la misura dei loro cercoteri.
Ma qual è il danno più grande di questa lotta epica, di questa battaglia fra idee simili e diverse al tempo stesso? Come molti altri splendidi momenti presenti nel manga di Kishimoto, il problema è sempre postumo: la verità narrata dal padre di Gaara scombussola completamente l’immagine della vita del ragazzo, rovina impietosamente una maturazione arrivata con la consapevolezza che, anche se si nasce senza amore, è il desiderio di colmare quel buco a renderti una persona capace di donarne e riceverne. La meravigliosa costruzione di Gaara viene disfatta in favore di una visione più politicamente corretta, più adatta ad un pubblico variegato che voleva un background differente per il Kazekage. Distruggendo per sempre il fascino e gli sforzi della sua crescita personale.

#4 – Gaara vs Rock Lee
(fonte: mangareader.net)
Fenici: Chi è Rock Lee? Una macchietta creata apposta per ridere? Un personaggio dall’aspetto stravagante con una personalità inesistente? Una comparsa impressa sullo sfondo solo per far risaltare la potenza dei protagonisti? Domande le cui risposte sembrano retoriche, ma che in realtà nascondono la vera essenza di questo personaggio capace di conquistare altri mangaka, come Oda o Toriyama: Rock Lee è il protagonista morale dell’opera di Kishimoto. È lui il vero “sfigato” della situazione, il ragazzo che ha sempre dovuto impegnarsi come un mulo per arrivare anche solo a toccare le dita dei piedi dei rivali. Naruto ha sempre avuto una forza nascosta da cui attingere, in seguito si scoprirà anche un destino da prescelto, mentre Rock Lee ha sempre avuto la sua sola volontà di arrivare e distruggere quella barriera che lo separa dagli altri fenomeni del manga. In questo scontro tutti i riflettori sono puntati su di lui, Gaara è il simbolico muro che lo divide dal suo obiettivo e si comporta come tale: resta statico durante tutto il combattimento ed è Rock Lee ad agitarsi per tutto il campo di battaglia, utilizzando ogni mossa ed accorgimento che conosce per neutralizzare lo sfidante. Ma Gaara, pur essendo ancora un personaggio misterioso in questo arco narrativo, rappresenta non solo figurativamente ma letteralmente l’ostacolo contro cui Rock Lee ha dovuto lottare sin dall’inizio del suo percorso di ninja: lui è un genio, ciascun colpo inferto dallo shinobi di Konoha viene parato senza batter ciglio tramite la sabbia, che si erge a scudo del suo padrone sempre più velocemente dei calci e dei pugni. Gaara resta intoccabile e anche quando Rock Lee sembra avere una possibilità di vittoria, lui è sempre un passo davanti a lui, la Bestia Verde di Konoha sfodera tutte le tecniche presenti nel suo bagaglio, costruito tramite il duro lavoro, per sfiorare anche solo minimamente il volto immacolato sin dalla nascita di Gaara. Ma lui è un genio, mentre Rock Lee è un eterno sconfitto. In pieno spregio dell’impegno profuso dallo sfidante durante il combattimento, Gaara lo priva consapevolmente delle sue armi più micidiali: lo ferisce irrimediabilmente nel corpo, negandogli per sempre la possibilità di tornare a sperare di riuscire ad abbattere quel muro. Un’epopea struggente, concentrata in un’unica battaglia che l’autore narra astutamente dalla parte di Rock Lee, come a lasciar intendere al lettore che il ragazzo possa davvero riuscire nella sua impresa disperata. La batosta che ne segue da parte di Gaara, l’ennesimo fenomeno nel parco di ninja della serie, risulta per questo ancora più inaspettata e crudele, uno schiaffo morale tremendo nella sua chiarezza: il talento vince sopra l’impegno.
E la rabbia invade prepotentemente l’animo del lettore quando si realizza come questo messaggio sia stato protratto fino alla conclusione del manga: Naruto raccoglie la sfida persa da Rock Lee, come a voler affermare che sarà proprio un fallito come il ragazzo a sconfiggere i geni che continuano a guardare quelli senza talento dal basso verso l’alto, ma in realtà lui è solo un predestinato dai poteri straordinari. A chi vuole farcela solo con il duro lavoro viene negata ogni possibilità di riuscire a competere contro i mostri sacri del manga.

#3 – Morte di Asuma/Vendetta Shikamaru
(fonte: mangareader.net)
Fenici: Della Shippuden è già stato detto tutto: difficile dimenticare i power-up inspiegabili, i personaggi ridotti a sfondo per dar spazio a una dualità infinita fra Naruto e Sasuke, capace di protrarre fino alla conclusione gli stessi dilemmi e diatribe. Sembrerebbe che dopo l’allenamento di due anni di Naruto con Jiraiya sia tutto da buttare, eppure c’è stato un tempo in cui la speranza di assistere a saghe belle ed epiche non era mai sparita: Shippuden parte con uno scontro maturo e intelligente, la battaglia fra Sakura, la vecchia Chiyo e Sasori è forse sporcata solo dal finale politicamente corretto. Poi arriva la prima saga poco interessante, la continua ricerca di Sasuke portata all’esasperazione.
Poi arriva il momento in cui l’opera schiaffeggia i suoi lettori. Sembra quasi dire: “Cosa credevate? La morte non è solo per i vecchi”!  C’è Asuma seduto con gli occhi vitrei e un fiore che cade nella polvere. C’è una sigaretta accesa sotto la pioggia e un re orfano da crescere. E’ la prima volta che la serie presenta dei malvagi in grado davvero di intimidire i ninja di Konoha e di non nascondere niente dietro le loro azioni: c’è un fanatico che vuole sangue per soddisfare i capricci di una divinità violenta e un avaro che cerca denaro e cuori da conservare nella sua personale collezione. Il resto della loro vita è segreto, non importa chi siano o non siano, rappresentano semplicemente i desideri perversi e ricolmi di cupidigia degli esseri umani. Dovrebbero essere gli scagnozzi meno pericolosi dell’Akatsuki, ma Hidan e Kakuzu sono i primi ad uccidere per davvero i loro nemici. Shikamaru è costretto a maturare di fronte all’inutile banalità del male, davanti a dei nemici apparentemente imbattibili e immortali. E lui non è un genio, non ha una riserva di chakra potente come quella di altri suoi coetanei: lui gioca a scacchi con la vita delle persone e spera di non dover sacrificare nessuna pedina durante lo scontro. Deve superare i suoi limiti per essere uno stratega migliore, con l’abilità di sconfiggere quei nemici che nessun altro saprebbe come affrontare.
C’è una sigaretta stretta nel pugno nel secondo scontro con Hidan. L’assassino di Asuma non ha paura né pietà, nemmeno davanti al ragazzo che ha scoperto i suoi assi nella manica e la sua follia gli costerà l’unica debolezza che non credeva di avere: qualche volta la morte è una benedizione, ma neppure dove viene sepolto vivo se ne rende conto.  La vendetta di Shikamaru ha odore di aria fresca dopo essere rimasti chiusi in una stanza buia: il fumo che prima penetrava nei suoi occhi e polmoni, impedendogli di respirare, ora non c’è più così come l’immagine del maestro di vita di fianco alla sua figura, china a salutare per sempre il carnefice di una famiglia in procinto di nascere.

#2 – Naruto vs Neji
(fonte: mangareader.net)
Tafaz: E siamo alla seconda posizione di questa Top 10. Come per molti momenti scelti in precedenza, anche per questa posizione di alta classifica ritorniamo su un evento della saga della selezione dei chunin. Questa saga rappresenta, forse, la visione più chiara di come il manga sarebbe dovuto apparire anche nel proseguo della sua storia, cosa che purtroppo non è avvenuta. In precedenza si era parlato degli scontri fra Naruto e Gaara e fra Rock Lee ed il ninja della sabbia, entrambi combattimenti carichi di significati e di messaggi diretti ai lettori. Anche in questa seconda posizione vediamo anteporsi Naruto contro Neji.
Questo scontro non solo rappresenta l’ennesima dicotomia fra il puro genio e la forza di volontà, che tanto ha contraddistinto anche altri personaggi della serie, ma serve anche come evoluzione degli stessi personaggi in senso significativo. È infatti Neji ad essere profondamente messo in discussione in questo scontro, non tanto per la sua abilità, ma per la ristrettezza mentale che lo ha segnato per tutta la prima parte del manga. Egli è colmo di rabbia perché, pur essendo consapevole del suo genio, non viene riconosciuto all’interno della sua famiglia. I dolori del passato gli offuscano la mente e gli fanno vedere il prossimo solo come un ostacolo o un ingombro per la sua realizzazione. L’unico rispetto che riesce a maturare è quello per i suoi compagni di team, mentre per la cugina Hinata arriva ad avere sentimenti che rasentano l’odio ed il disprezzo. Naruto è consapevole di questa situazione, ma nonostante tutto non si lascia né intenerire, né trasportare dalla rabbia nei confronti del rivale, il duello mette in luce la tenacia del piccolo ninja reietto, una tenacia che fa vacillare le certezze del genio del villaggio. Lo scontro è una grande lezione non soltanto di umiltà ma di rispetto verso tutti. Quello che Naruto insegna a Neji è che non importa quanto il proprio passato lo abbia afflitto, questa rabbia non può essere diretta contro gli altri, ma va superata ed usata come slancio per migliorare se stessi. Alla fine è questo quello che rende una persona davvero matura, non l’ergersi imperioso sopra gli altri, ma usare il proprio talento per aiutare i compagni. Da quel momento in poi Neji realizza questo valore importante e lo mette in pratica, mutando completamente atteggiamento verso tutti, non è più il genio spocchioso e chiuso nel suo dolore, egli sceglie la strada dell’accettazione e del superamento del dolore. Cosa che invece non farà Sasuke, con il quale possiamo mettere Neji in forte relazione: entrambi geni, entrambi con un tormentato passato, entrambi compagni di Naruto, ma soltanto uno di loro riesce ad accettare l’aiuto ed il sostegno del giovane ninja, superando il proprio momento di difficoltà.

#1 – Morte di Jiraiya
(fonte: mangareader.net)
Tafaz: La scalata è ormai conclusa, siamo alla prima posizione di questa Top 10. Dopo tanto affanno nel cercare il momento che meglio rappresenta l’apice narrativo di questo manga, siamo giunti alla conclusione che questo sia proprio: la morte di Jiraiya.
Cosa ha di tanto speciale questo momento? Il fatto che si svolga lontano dagli occhi di tutto il villaggio? La perdita di una figura che si pensava potesse ancora dare il suo contributo alla storia? Forse. Tuttavia il personaggio di Jiraiya, di cui conosciamo il background grazie ad un flashback riguardante il rapporto fra lui e Nagato, dona molto di più al manga con la sua morte, che non con la sua presenza. Innanzi tutto perché la sua morte avviene durante uno scontro carico di significato per lui, uno scontro che lo getta nello sconforto, dato che realizza il grande errore della sua vita: pensare che Nagato potesse essere colui che avrebbe cambiato il mondo. Si potrebbe dire che ci aveva quasi azzeccato, ma di certo tutta la faccenda dell’Akatsuki e della conquista del mondo non erano proprio quello che lui immaginava. Lo scontro fra Nagato e Jiraiya, che si concluderà con la morte di quest’ultimo, sottolinea non solo lo sconforto del sennin, ma getta anche un’ombra sulla vicenda che sembra prendere una deriva disfattista ineluttabile. Però da questo scontro, proprio sul finale, ecco arrivare la consapevolezza per il vecchio maestro, nel momento di massimo sconforto, quando è evidente ormai che egli non può nulla per fermare l’allievo che aveva cresciuto e nel quale riponeva fiducia, ecco arrivare il momento illuminante: la consapevolezza che non tutto è perduto, che lasciando questo mondo non lascia solo un allievo carico di odio e portatore di morte, ma anche un allievo che rappresenta la speranza, un allievo che gli ha fatto capire di essere lui stesso ancora un ottimo maestro. Naruto.
Jiraiya capisce ciò, proprio mentre sta affondando, abbandonandosi lentamente alla fine, che non tutto è perduto, che non tutto è già scritto. Rimane sempre una speranza, una luce che lui stesso ha contribuito ad accrescere. In questo senso, egli capisce anche che non c’è più spazio per lui, che ormai ha fatto tutto quello che poteva, ora tocca ad altri raccogliere il suo lascito e decidere quale strada intraprendere. Ecco cosa insegna la morte del maestro Jiraya, ad accettare che le persone non durano in eterno, ma che i loro valori ci accompagneranno sempre. Allo stesso modo, insegna che non abbiamo sempre il potere di cambiare le cose, ma che possiamo trasmettere la nostra volontà a chi ci sta intorno, diventando così portatori di valori positivi. Questo ci insegna l’ero-sennin, ed è una lezione che non poteva essere impartita meglio se non con il suo sacrificio: immensamente triste è la sua dipartita, quanto immensamente grande è l’insegnamento che ci lascia. Non si può sempre contare sui vecchi maestri o sulle figure autorevoli per farsi valere, arriva il momento in cui dobbiamo raccogliere noi il testimone di questi grandi maestri, e determinare noi il nostro destino, fare le nostre scelte, nel bene e nel male, consapevoli e saldi nei valori che ci hanno tramandato.

***

Anche questo lavoro è terminato, c'è voluto del tempo e di certo Fenici e le sue paturnie non mi hanno aiutato ad essere più veloce. Dovrò decidermi un giorno a tagliarle lo stipendio, oppure a tagliarle direttamente la connessione, così non si distrae e lavora!
Devo dire tuttavia, che il lavoro che ha svolto è davvero di ottima qualità, non riuscirei a trovare una segretaria migliore per il mio studio investigativo...mannaggia!

Fuori sta continuando a piovere, credo che passerò la notte in ufficio, l'unico ombrello disponibile tanto se lo sarà intascato Fenici. A volte fa bene ad un detective ricordarsi dei propri doveri verso i suoi clienti e forse domani mattina sarà la volta buona che aprirò l'ufficio in orario. Ora però a nanna, domani mi aspetta un altro caso su cui lavorare, uno di quelli tosti, che ti bruciano dentro peggio di una peperonata alle sei del mattino.

14 set 2015

Giorno d'inventario: I 10 Momenti più belli di Naruto (Parte 1)

Mi sveglio ed è come se fossero passati mesi. In realtà la macchinetta del nostro studio investigativo, ha appena finito di versare quell’acqua sporca che chiamiamo caffè: due minuti sono passati e mi sento peggio di una persona che si risveglia dal coma. Afferro il bicchierino di plastica e trangugio l’intruglio amarissimo. Alcune gocce scure cadono sopra i fascicoli sulla scrivania, ma io non me ne curo: sono destinati a finire dimenticati dentro gli schedari e raramente verranno ripescati, soprattutto perché dovrei essere io a occuparmene!
Oggi è giorno d’inventario e sarò felicemente costretta a restare in ufficio tutto il giorno: Tafaz è uscito a cercare casi su cui lavorare, mentre io avrò la scusa perfetta per ordinare una pizza da asporto… Inizio a soppesare le cartelle marrone sporco strapiene di fogli, quando una fra tutte mi colpisce per la sua straordinaria pesantezza. Anche la conformazione è diversa dalle altre, questa è più grande e di colore giallo sbiadito. La scuoto un po’ e la curiosità mi assale all’udire un rumore sordo: tolgo subito l’elastico e rimango letteralmente strabiliata di fronte a qualcosa che mai avrei creduto possibile.
Lancio un’occhiata oltre la finestra e mi accorgo che nuvoloni carichi di pioggia si stanno avvicinando pericolosamente alla città e Tafaz è uscito senza ombrello. Appena tornerà a riprenderlo mi dovrà delle spiegazioni!
***
Un improvviso starnuto mi coglie impreparato. Osservo il cielo grigio mentre mi pulisco col mio fazzoletto da taschino strausato, chiederò a Fenici di metterlo a lavare insieme alla montagna di camicie nel guardaroba. Per un attimo ho pensato che qualcuno mi stesse maledicendo in segreto, ma ho scacciato subito quell’immagine assurda, in realtà era più probabile che fosse solo un brutto scherzo di questo tempo ballerino.
Ripensando all’intera giornata, chi me lo aveva fatto fare di uscire? In fatto di procrastinare non credo di essere secondo a nessuno, cerco sempre di assecondare la mia ispirazione ed il mio umore, tuttavia il caso di oggi mi aveva davvero preso nel profondo. Quel tipo strampalato era entrato nel mio ufficio tutto circospetto, aveva l’aria di una persona braccata, teneva un braccio saldamente chiuso sotto il cappotto, all’altezza della vita. Per decenza non ho fatto domande sull’esatta posizione della sua mano, e per fortuna non ce ne fu bisogno, perché dopo pochi secondi, l’omino tirò fuori dal cappotto un fascio di fogli avvolto in una cartellina, sopra recava la semplice scritta: Naruto.
Un manga dunque, avevo già affrontato altri casi di fumettistica nipponica, quello che più mi stupiva era il fatto che: questa serie era già conclusa nel suo paese. Feci subito notare al cliente che in genere non trattavo materiale spoiler, e che la parcella sarebbe stata “un tantino” maggiorata. Lui non sembrò curarsene, mi fissava quasi volesse riversarmi un fiume di parole tutte d’un fiato, cosa che poi in effetti fece. Non ricordo esattamente quello che mi disse, ma mi feci una breve scaletta mentale: in pratica sospettava che l’autore fosse stato indotto durante la serie a delle scelte non consone, che i diversi buchi ed errori nella trama erano dovuti a manipolazioni per accontentare i fan di una certa fascia d’età, e che il finale era troppo scontato per non poter essere utilizzato per una nuova serie. Quello sproloquio mi lasciò davvero esausto, ma allo stesso tempo mi sentii molto coinvolto. A tutti gli effetti i suoi dubbi non erano così fuori dal normale e così, anche per un motivo personale, mi ritrovai a simpatizzare per questo fan dei ninja. Decisi dunque di lasciare il faldone del cliente vicino ai fascicoli da inventariare, esattamente dove sapevo che Fenici non avrebbe mai e poi mai messo le mani, le dissi che uscivo alla ricerca di qualche caso interessante e la lasciai al suo “lavoro” d’ufficio.
Essere coinvolti talmente tanto nel proprio lavoro è un evento raro, soprattutto quando arrivi al punto di dimenticarti l’ombrello in ufficio in una giornata assordante per via dei tuoni. Cacchio, la mia solita fortuna sfacciata, ecco che comincia a piovere.
***
«Sono venuto a riprendere…» Si blocca quando nota la mia occhiata carica di sentimenti malcelati. Anche se il viso è perennemente nascosto dal cappello, riesco a vedere una certa perplessità negli occhi spalancati.
«Che c’è?» Mi anticipa ancora prima che io possa riversargli tutto il mio furore.
«Come hai potuto tenermelo nascosto!?» Gli lancio contro l’enorme fascicolo che afferra di scatto. Quando ne riconosce l’aspetto, alza gli occhi al cielo..
«Oh è per questo?! Andiamo Fenici, davvero non lo sapevi?»
«No, non sapevo che Naruto fosse finito!» Esclamo gonfiandomi: Tafaz sapeva della mia passione per il ninja biondo fissato con il ramen. E aveva infilato la cartella in mezzo a dei fogli che avevo sollevato quasi per sbaglio –il lavoro può essere molto noioso- altrimenti non lo avrei mai scoperto!
«È da mesi che il manga è concluso. Ma dove ti eri bloccata?» Continua a chiedermi mentre si toglie il lungo giaccone e il cappello macchiati di pioggia.
La sua domanda mi spinge a ripescare gli ultimi ricordi che ho delle avventure del Team 7: mi ritorna alla mente la scena in cui Gaara combatte con un ninja dalla dubbia sessualità.
«Ehm, alla fine che cosa era successo a Gaara dopo che era stato catturato dall’Akatsuki?» Il modo in cui mi fissa mi fa intuire che forse avrei dovuto essere un pelino più avanti, per esigenze lavorative. Inizia a raccogliere con le braccia una trentina di volumetti con la costina rossa da uno schedario e me li lascia cadere sopra la scrivania.
«Mettiti in pari. Questo è un ordine del tuo superiore, ci serve per un cliente.» Anch’io sono disperata vedendo tutti quei fumetti, ma capisco che non posso rifiutarmi: è il primo lavoro dopo settimane. Poi mi ricordavo la lettura di Naruto come piuttosto piacevole: non può essere peggiorato troppo, no?
***
«Oh mio Dio!» Per una volta, Tafaz mi esprime comprensione con una pacca sulla spalla, allungandomi un bicchiere pieno di acqua fresca.
«Ti prego Tafaz, rispondi a questa domanda: com’è stato possibile?» All’inizio sembrava interessante, ma con il passare delle ore il mio spirito audace era stato spezzato. E non riesco a capacitarmi di come sia successo un cambio così drastico dagli albori della serie.
«Le motivazioni Fenici le conosciamo: il vile denaro» Il mio cuore piange nel sentire quelle parole. Sospiro e chiedo senza troppo entusiasmo.
«Che cosa ci ha chiesto il cliente?»
«Ha sciorinato un sacco di teorie sul fatto che il manga sia stato sabotato dai fan, dagli editori e dall’autore stesso»
«Concordo, per un crimine del genere non ci può essere un solo colpevole»
«In pratica vuole che troviamo un sistema per dare un degno “addio” alla serie, per evitare che venga ricordata troppo male»
«Praticamente un inventario» A Tafaz s’illuminano gli occhi.
«Che ne dici dei dieci momenti più significativi di Naruto?» Lo guardo e assento con ancora la rassegnazione sulla faccia stanca. Mi sembra l’unica soluzione decente.
«Bene, mettiamoci al lavoro»


#10 – Naruto vs Sasuke
(fonte: mangareader.net)
Fenici: Questo è stato il momento chiave che ha mutato completamente il rapporto infantile fra Naruto e Sasuke. Se il loro primo scontro all’ospedale, interrotto dall’intervento di Kakashi, sembrava quasi un tipico bisticcio fra due ragazzini estremamente competitivi, con questa battaglia la loro relazione prende una svolta matura ed anche un po’ cupa. Gli stessi capitoli precedenti preparano il terreno per questo scontro, che si sviluppa non solo su un mero livello di potenza, ma anche sul livello emotivo dei due protagonisti dell’opera: Naruto è esasperato e abbattuto, ha “sacrificato” i suoi compagni di missione per raggiungere Sasuke per poi scoprire che quest’ultimo non vuole tornare indietro. Anzi, dopo un flashback carico di tristezza infinita in cui si rivela la strage perpetuata da Itachi, persino lo stesso lettore vorrebbe vedere Sasuke riuscire nel suo intento nonostante il rischio che Orochimaru possa prenderlo come suo futuro corpo.
Sono arrivati ad un bivio, ognuno di loro deve seguire una strada che si discosta fin troppo dall’altra: vendetta e perdono. Sasuke vuole vendicarsi di Itachi e Naruto non solo ha imparato a voler bene a quelli che lo hanno sempre denigrato, ma ne è anche diventato amico. Due conclusioni così diverse da non poter convivere insieme e Sasuke lo ha capito molto prima di Naruto. Ma Naruto non vuole arrendersi, anzi, durante il combattimento pronuncia la famosa frase in cui minaccia di spezzare tutte le ossa di Sasuke pur di non lasciarlo andare da Orochimaru: non vuole perché non capisce, non vuole perché lui è l’amico che ammira e considera simile a sé. Non basta.
La stessa conclusione dello scontro rivela quale sia la volontà più risoluta: Sasuke che guarda Naruto svenuto e decide di staccare ogni legame, rifiutandosi di ascoltare l’ultimo consiglio di Itachi prima di sparire. Se vuole il potere lo otterrà senza l’aiuto di nessuno, men che meno dell’assassino che ha distrutto la sua famiglia. E come lui si allontana nel buio così Naruto torna alla luce grazie all’aiuto del suo maestro, torna ai suoi amici e alla ragazza che ama con tutto se stesso. Due strade separate.
E’ un momento fantastico, uno dei più alti: l’introspezione durante lo scontro è ben bilanciata con le scene d’azione e il combattimento non è scontato, i due ragazzi sono alla pari e ripiegano entrambi sul potere conferitogli da altri. Orochimaru e Kyuubi. La fine non è convenzionale, ma forse c’è un punto difficilissimo da digerire, che mal si accosta con la cruda realtà affrontata durante la battaglia fra i due genin: Naruto vuole continuare a inseguire Sasuke e farlo tornare alla ragione. Resta bambino, si rifiuta di accettare una linea di pensiero diversa dalla sua. Non riesce a concepire come Sasuke, con il quale ha condiviso un enorme tratto di strada, sia voluto tornare indietro per scegliere un altro percorso. Jiraiya è la voce della ragione inascoltata, ma sarebbe stata quella che avrebbe fornito un ulteriore maturazione nell’animo di Naruto: non più rifiuto, ma accettazione. Non tutti vogliono essere salvati.
La grande verità che fa slittare questo momento di grande impatto al #10 invece di una posizione più in alto nella classifica.

#9 – Morti Haku e Zabusa
(fonte: mangareader.net)
Fenici: Difficile dimenticarsi del primo momento nudo e puro che ha inaugurato lo svolgersi dei combattimenti secondo Naruto. Scene d’azione più o meno strategiche accompagnate dall’introspezione dei personaggi, solitamente con lunghi flashback che riguardano un tema in particolare: il sentirsi inutile e il ritrovare uno scopo. Haku è l’esempio principe di questa predilezione di Kishimoto: orfano di madre e reduce da un tentato assassinio da parte del padre, il ragazzo vive ai margini della società come piccolo vagabondo, il suo sangue miete discordia e morte per via della straordinaria abilità innata. E’ solo Zabusa a capirne il valore e a farlo suo sottoposto e suo complice nei mille lavori in cui viene assoldato come sicario. Qualcosa li accomuna come aveva intuito Haku all’inizio del loro strano rapporto: gli occhi identici che s’incrociano in una strada innevata.
Come la neve, Haku è puro e il suo aspetto efebo ne è la dimostrazione lampante: indossa abiti da ragazza facendosi scambiare come tale e il suo potere rappresenta appieno il suo animo trasparente: specchi di ghiaccio. Una lama affilata dal miglior esperto in circolazione. E’ la miscela di queste cose, del trascorso struggente di Haku e del suo fortissimo attaccamento all’unico uomo che abbia voluto il suo aiuto, a spezzare il cuore di chi lo vede con gli occhi vacui di fronte allo sguardo sconvolto di Kakashi. Neppure Zabusa, per quanto provi a resistere, riesce a trattenere le lacrime alle parole di Naruto, dette piangendo. Haku non era solo un’arma, era l’unico che aveva capito più di tutti quanto la loro solitudine fosse simile.
Per questo lo Spadaccino della Nebbia decide di andarsene nell’unico modo in cui può onorarne la memoria: uccidendo chi ne ha calciato il corpo esanime e spirare accanto a lui, sapendo che sarà forse l’ultimo momento che passeranno assieme. Una relazione splendida, raccontata sapientemente attraverso i vari eventi che accadono nel corso della saga e che, come ogni tragedia che si rispetti, trova la sua conclusione con un finale amaro.
Ma un momento così bello viene sporcato dall’ingenuità iniziale del manga, con sotto trame aperte e mai più riprese (la mafia contro i ninja o il pesante trascorso del Villaggio della Nebbia) e il rappresentare Zabusa come un nemico difficile da sconfiggere per Kakashi, quando in seguito il jonin non avrà problemi ad affrontare personaggi più problematici del mercenario. Per vedere momenti più completi e coerenti occorre attendere una maggiore maturazione dell’opera.

#8 Kakashi Gaiden
(fonte: mangareader.net)
Tafaz: Ci troviamo di fronte ad una storia dentro la storia. Una breve parentesi sulle “origini” (per così dire) di uno dei ninja più geniali del mondo di Naruto, famoso in tutti i villaggi e capitano della squadra 7: Kakashi Hatake. La vicenda narrata è un flashback nel quale ci viene presentato un giovane Kakashi già promosso jonin, insieme ai suoi compagni Rin e Obito, guidati dal loro sensei, nientemeno che il Lampo Giallo di Konoha, Minato. Tuttavia non è sulla missione che si concentra la narrazione, quanto più sul rapporto fra il giovane Kakashi e il suo amico Obito Uchiha. Fra i due non corre buon sangue: il primo è un genio, che vuole ripercorrere le orme paterne ed ha dedicato tutta la sua giovane esistenza a perfezionare le sue tecniche, il secondo pur provenendo da una famiglia dotata di un grande potere (gli Uchiha), non sembra rappresentare le classiche caratteristiche del “ninja cool” che già erano state mostrate con Sasuke e Itachi. Kishimoto concentra tutte le emozioni dei due giovani ninja in pochi appassionanti capitoli, nei quali osserviamo l’evolversi delle loro personalità, complice anche il rapporto con il terzo personaggio del team, Rin, che sarà catalizzatore del cambiamento dapprima in Obito e successivamente in Kakashi. Infatti, nel corso della vicenda, sarà proprio il forte legame che Obito sente nei confronti dell’amica che riuscirà a risvegliare il suo sharingan, e sempre tramite Rin riuscirà a capire i veri sentimenti che tormentano il giovane genietto del team. Nel finale vediamo anche come Kakashi entra in possesso dello sharingan, dono di un morente Obito, quasi a suggellare un rapporto ricostruito su un reciproco riconoscimento ed ammirazione, che purtroppo termina tragicamente.
Questa storia, come già detto, è una parentesi che divide le due parti del manga di Naruto. Successivamente la storia principale prosegue nella cosiddetta Shippuden. Di fatto come storia a se stante, la Kakashi Gaiden è davvero ben costruita e nella sua brevità si scorgono diversi punti di forza: il parallelismo fra le figure Kakashi – Sasuke e Obito – Naruto, aspetto che l’autore riprenderà poi successivamente, il valore del mettersi in gioco, di confrontarsi con chi la pensa diversamente e il maturare nuove convinzioni e nuovi valori. In questa mini-serie infatti capiamo come Kakashi è diventato il ninja sì geniale, e razionale, ma anche comprensivo verso gli altri, quest’ultimo aspetto è di certo un lascito dell’amico Obito. Tuttavia, non mancano dei lati negativi, una su tutte proprio quella brevità che ha concentrato tanti elementi, ma non ne ha sviluppati molti fino in fondo. La Kakashi Gaiden è di fatto troppo breve e tenuta quasi in poco conto dall’autore, se consideriamo che la colloca come “riempitivo” fra una parte e l’altra della sua opera. Sembra quasi che Kishimoto abbia voluto dare un contentino ai fan del ninja mascherato, più che approfondire veramente la sua storia. Un’occasione buona per mostrare tanta qualità, che però non è stata sfruttata al meglio.

#7 Incontro dei 3 Sennin
(fonte: mangareader.net)
Tafaz: Già dai primi volumi del manga ci erano stati presentati come il non plus ultra del mondo dei ninja, un trio incredibile di combattenti, tutti provenienti dal villaggio di Konoha. Errabondi e dediti ai loro progetti misteriosi, non si sono mai più incontrati per anni. Le vicende della trama tuttavia, portano uno di loro Jiraiya, a dover contattare la bella Tsunade per il ruolo di quinto Hokage. Con lui viaggia Naruto in veste di allievo e proprio poco dopo aver incontrato la futura quinta Hokage, ecco fare la sua comparsa anche l’ultimo membro del terzetto: Orochimaru. Data la natura malvagia e perversa di quest’ultimo, Jiraiya e Tsunade decidono di combatterlo, dando vita ad uno scontro di proporzioni epiche, con tecniche incredibili ed evocazioni di animali giganti. Nel complesso questo momento è davvero topico, non solo per la presenza di personaggi leggendari, ma anche per come questi vengono caratterizzati: in questo scontro veniamo a conoscenza del passato dei tre ninja, di ciò che hanno condiviso ed anche ciò che li ha divisi, diveniamo partecipi delle loro vicende e delle loro sofferenze, mai sopite nonostante i tanti anni di separazione. La rabbia di Tsunade nel non saper concludere nulla, la continua ricerca di Jiraiya, e il malsano desiderio d’immortalità di Orochimaru. Il tutto sotto gli occhi di Naruto, questa volta più spettatore che protagonista, messo in secondo piano per dare spazio all’epico trio. Nel complesso, questi capitoli che arrivano verso la fine della prima parte del manga, sono di buona fattura, sia a livelo grafico nel mostrare i combattimenti, sia a livello di contenuti. La nota stonata, tuttavia, risiede proprio nella bellezza dei combattimenti: esagerati, pieni di tecniche dall’aspetto e dagli effetti devastanti, intere aree devastate dal solo chakra dei tre ninja leggendari. Di certo non quello a cui ci eravamo abituati con gli scontri per le selezioni dei chunin. Da questo punto in poi, infatti, i combattimenti cominceranno a prendere una piega molto più da “shonen tradizionale”, fatto di tecniche appariscenti e devastanti, puntando sempre meno sulla caratteristica che rendeva unico questo manga, la strategia nei combattimenti. Quest’ultima infatti risulterà la grande assente per quasi tutto lo shippuden, facendo perdere (ahimè) molto del fascino che si era creato precedentemente.

#6 Morte del 3° Hokage
(fonte: mangareader.net)
Tafaz: Ancora un altro episodio della prima parte del manga. Nell’arco conclusivo della saga della selezione dei chunin, si consuma la trappola di Orochimaru, intenzionato a distruggere il villaggio di Konoha. Nel portare avanti il suo piano volto a seminare il caos nel villaggio, il perfido ninja non esita neppure ad affrontare a viso aperto il suo maestro, lo stesso 3° Hokage. A onor del vero l’astuto Orochimaru non si fa scrupoli nell’usare una tecnica proibita, e resuscitare il primo ed il secondo Hokage per avere un maggiore supporto al combattimento. Tuttavia, neppure con l’aiuto dei potentissimi primi Hokage (che più tardi ritroveremo decisamente più forti e determinanti) il nostro cattivone riuscirà ad avere la meglio. Il tutto grazie non solo alla grande abilità strategica del 3° Hokage, ma anche e soprattutto grazie ad un’altra tecnica proibita. Il vecchio ninja infatti, non esita a sacrificare due suoi cloni per sigillare con questa tecnica le anime dei suoi predecessori, ormai stremato però rimane ferito gravemente e per non far soccombere l’intero villaggio alla folle distruzione del suo ex-allievo, decide di sacrificare la sua vita per sigillare anche l’anima del nemico. Tuttavia Orochimaru riesce a scamparla, ma perde definitivamente l’uso delle braccia, dato che queste vengono sigillate dal vecchio ninja che ora può morire felice.
La morte del 3° Hokage non è un episodio triste in sé, anzi l’autore riesce a rendere splendidamente il senso di sacrificio e di appartenenza che l’anziano capo del villaggio di Konoha rappresenta. Nella sua visione, il villaggio è come una famiglia, da amare e da proteggere anche a costo della propria vita, è questo che ha sempre contraddistinto la sua vita. Durante lo scontro con Orochimaru, questi valori vengono trasmessi grazie ad una incredibile determinazione, ed anche qui l’autore coglie l’occasione per mostrarci momenti della vita dell’Hokage, anche quelli che lo hanno visto separarsi da un ribelle Orochimaru, con grande tristezza e senso di fallimento, non essere riuscito a comprendere il suo allievo, non essere riuscito a farlo partecipe della sua visione. Tutto questo viene convogliato nello scontro tra i due, nel quale il capo-villaggio decide che è il momento per recidere ogni legame, ma per farlo decide anche che dovrà farlo tramite un grande sacrificio, quasi fosse un atto di espiazione per il proprio fallimento di gioventù. Nella morte tuttavia c’è la speranza, quella che l’hokage ripone in Naruto e nelle nuove generazioni, per questo la sua morte, non viene percepita con tristezza o malinconia, ma come un evento totalmente in linea con la storia e con il corso che l’autore vuole dare alle vicende. Rimangono però alcuni dubbi, che riguardano soprattutto la tecnica usata dal 3° hokage per sigillare le anime dei suoi predecessori e le braccia di Orochimaru: questa tecnica permette di sigillare definitivamente tutto quello che viene estratto dal corpo (così viene spiegato). Quindi possiamo dedurre che né le anime degli hokage resuscitati, né le braccia di Orochimaru possano ritornare. Eppure, nel corso della storia, non soltanto Orochimaru recupera l’uso delle braccia, ma vengono resuscitati di nuovo gli hokage, andando così a rompere la coerenza che si era creata precedentemente e rendendo la morte del 3° hokage del tutto inutile. Questa incoerenza ed inesattezza nella trama, rovina (e non di poco) uno degli episodi che avrebbe meritato un posto migliore in questa classifica.