21 mar 2014

Un caso di nosense violento



Osservando le veneziane abbassate che lasciano filtrare la luce del mattino incombente, insieme allo strombazzare dei clacson in lontananza, mi stendo sulla sedia girevole che adopero quando lavoro: questa città sembra un incrocio fra New York e un’isola tropicale, tanto l’afa e il traffico sono opprimenti. Il debole alito di vento proveniente dal ventilatore portatile sulla mia scrivania, riesce a smuovere appena l’aria stagnante ed io inizio a credere che non sarebbe male se, invece di tenere aperta un’agenzia investigativa, ci comprassimo una bella piscina in cui sguazzare e sorseggiare martini. Purtroppo, il nostro magro stipendio di detective scomodi ci permette a malapena di pagarci una pizza d’asporto, figurarsi una bottiglia di liquore fresco!
Decido di distrarmi andando a curiosare sulla scrivania di Tafaz, che è uscito stanotte brontolando qualcosa su “una storia di sesso non lavato” e “calunnie ingiuriose”; se solo fossi ancora un’illusa consulente legale di provincia, l’avrei anche accompagnato, ma ormai questa caotica e corrotta città ha vinto la mia curiosità ed il mio desiderio di salvare il mondo. Ora, mi limito a risolvere i casi che quel vagabondo del mio collega abbandona sulla sua scrivania e questo senza neanche muovermi dall’ufficio (anche perché mi sono appena data lo smalto).
Fra i mucchi di fascicoli abbandonati sulla scrivania che il mio socio si ostina a definire “in disordine”, su un post-it giallo canarino appeso al computer, a cui io rispondo scrivendo sotto un bel “caos controllato!”, trovo finalmente la mia preda, che avevo già odorato riconoscendo il profumo di salsedine e di mandarini: una serie di documenti legati insieme da una cordicella ormai tarlata quasi quanto le nostre sedie, su cui capeggia la scritta One Piece, affiora dalle profondità del mare di cartastraccia e, soddisfatta della mia pesca, afferro la cartelletta in fondo a quell’insieme e me la porto, trotterellando, verso la mia scrivania.


Il titolo del referto è “Les Fleurs du Mal” a cura di Dolcemaia e immagino già che, dal titolo, tutti voi abbiate pensato a Baudelaire che, come ci fa notare l’autrice, era anche nei suoi pensieri al tempo della scrittura della fanfiction, ma non vi preoccupate, a meno che Rufy non si fermi ad ammirare il cadavere di Chopper e dica a Nami che anche lei, prima o poi, farà quella fine, possiamo ancora sperare di non dover per forza degustare un po’ di spleen decadente, anche perché è quasi sempre servito oltre la data di scadenza e fa male alla salute (Nami ce lo ricorda dopo aver giustamente malmenato Rufy).

L’autrice, comunque, tiene a precisare che il titolo “rispecchia letteralmente ciò che pensavo mentra la scrivevo!”, perciò forse vedremo solo i Mugiwara contro un esercito di fiori assassini prelevati direttamente da Mcgee’s Alice: una battaglia decisamente gustosa (per i fiori, non per i Mugiwara), che sarebbe troppo bella per essere vera… 

…Infatti così non è, anche perché sarebbe stato difficile consigliare la ficcy ai vostri nipotini di quindicesimo grado, visto che il rating è verde: parole come “puttanella” o “cazzo” sono ormai diventati parte del registro colloquiale di damine  e signorini.
Comunque, bando alle ciance ed iniziamo la lettura!

“Se c'è un momento in cui devi farmi morire è questo!!! Ora in questo preciso momento... vorrei che la terra si squarciasse in due e si aprisse per ingoiami e farmi sparire dalla faccia della terra, però se proprio non è possibile avere questo bel cataclisma, mi accontenterei anche di una cosa meno eclatante, che so un infarto... un attacco di cuore.... un ictus... Forse non sarebbe troppo credibile, 19 anni in fondo sono troppo pochi per tutto questo, eppure è adesso, in questo esatto momento che devi farlo, perchè io non resisto... la testa mi scoppia, gli occhi non smettono di versare lacrime...”
 
Beh, almeno so perché la storia sia etichettata come genere triste: direi che la depressione regna sovrana in questo inizio di fanfiction, che non solo ci fa cadere braccia e gambe per la voglia di vivere che trasuda da ogni parola, ma non ci spiega neanche un beneamato niente: partiamo subito con questo flash di dolore, ma chi lo sta provando il dolore? Rufy? Zoro? Nami? Altri?!
Tirate un dado e decidete perché vi posso assicurare che la scelta sarà ininfluente nello svolgimento dei fatti, dato che queste sensazioni soggettive non si potrebbero comunque applicare a nessuno nell’universo di One Piece e, completerei, prive del benché minimo briciolo di spiegazione.

Senza contare che l’ingente numero di puntini di sospensione, mi fa pensare di leggere un telegramma. 

Fortunatamente, la fanfic sembra ritenerci finalmente degni della sua presenza e ci rivela che colui che parla è una lei, come si intuisce da “Ne ho passate tante, troppe, per una bambina che ancora non capiva”. Grazie al nostro livello alto in Cercare (ho tirato un dado ed è uscito venti!), possiamo intuire che sia Nami la proprietaria di siffatti pensieri, considerando che, sempre utilizzando Cercare, abbiamo capito che non potrebbe trattarsi di Robin, visto che…No, effettivamente non possiamo capire se stia parlando l’una o l’altra, saremo costretti a farcele andare bene entrambe!

Quelli che non tratterranno una battuta su una bella Doujinshi Yuri, saranno cacciati via.

Il nostro confusionario viaggio prosegue nella depressione cronica, con tanto di brame bizzarre, come quella di finire in un tunnel buio “dove vanno tutti i rifiuti della società, tutte le mele marce idiote come me” , o riflessioni altrettanto bislacche come “Cazzo, fammi morire, perché non ce l'avrò il coraggio di guardarmi ancora nello specchio... mi sono comportata da puttana... perfetta puttana... peccato che nonostante tutto sia ancora vergine.... forse era solo questo che volevo... O forse ero solo convinta di riuscire a legarlo a me, solo in questo modo...”. Siamo passati da un pensiero all’altro senza che ci fosse un nesso logico veramente comprensibile e qui s’inizia a sospettare che, un bell’avvertimento come “nonsense”, sarebbe stato doveroso ed anche se Efp non aveva questo tipo di segnalazione, all’epoca (anno 2003), un bel commentino atto a precisarlo sarebbe stato apprezzato!

Il rating verde implora pietà e chiede che almeno venga segnalato l’utilizzo di qualche parola scurrile di tanto in tanto, giusto perché il turpiloquio è l’unico modo per sottolineare uno stato d’animo pieno d’angoscia e tristezza infinita. Credo proprio di dover rileggere meglio Baudelaire, forse mi è sfuggito qualcosa sulla sua poetica decadente,  il cielo-coperchio come simbolo di oppressione suona male rispetto alle parolacce, acciderbolina!

In conclusione, però, abbiamo capito da dove derivi lo struggimento della nostra protagonista indefinita: un ragazzo le “interessava”, per essere educati (anch’egli risulta misteriosamente privo di nome), ma lui non ha ceduto al suo fascino perché continuava a parlarle perché era innamorato e voleva che lei lo ricambiasse, almeno questo è un sospetto, la storia non cerca di aiutare molto il lettore nell’immedesimarsi nei personaggi o nel capire la trama in sottofondo, anzi, sembra quasi accontentarsi di essere fine a se stessa, ma noi non ci arrenderemo di fronte a così poco!

Vero? Vero?!

“Più mi allontanava e più il mio desiderio di centrare il bersaglio si faceva sempre più forte......”

Avete sentito pubblico?! Restate dove siete o sarete centrati come un bersaglio dalle freccette!

“Il bambino diventava sempre più furbo, ma credevo di esserlo ancora di più, quasi con astuzia l'avevo portato su quel benedetto letto”

Il fatto che lei abbia usato il termine bambino m’inquieta un po’: anche se fosse Robin la ragazza della nostra fic, non credo che utilizzerebbe un termine come “bambino” per rivolgersi ad uno qualsiasi dei suoi compagni di ciurma, soprattutto perché li rispetta come se fossero suoi pari, dal punto di vista dell’età anagrafica. Continuano a venirmi strane immagini in testa…

Comunque, il ragazzo non cade nella trappola, l’abbandona a se stessa e Creep dei Radiohead torna tranquillamente ad accompagnarci verso la fine…

Ah, no, prima, in una scena totalmente inutile, lui torna indietro perché aveva dimenticato il portafoglio che, se me lo concedete, rende ancora tutto meno chiaro rispetto a prima: lui l’ha pagata come una bella di notte? Dopo averlo fatto, se n’è andato senza concludere nulla?! E, oserei aggiungere, chi, a parte Nami, ha dei soldi per conto suo?! La ciurma va costantemente a credito da lei, anche se fosse stata la nostra cartografa la protagonista della scena, avrebbe sicuramente sequestrato il denaro al nostro protagonista maschile X come vendetta!

Questa ragazza, però, si accontenta di lanciargli mentalmente qualche invettiva perché lui si diverte a torturala e torna nel suo regno di dolore e rabbia.

 “Non conosco il vero senso della vita?? C'è qualcuno che pagherebbe oro per avere una'altra possibilità di vivere? Bè sarei ben lieta di cedere la mia e completamente gratis...”

E qui escludiamo definitivamente Robin, perché una che urla “VOGLIO VIVERE!” alle porte di Enies Lobby, non ce la vedo a cedere la sua vita al primo che vuole una seconda possibilità: ci ricordiamo tutti della scena in cui afferra con i denti i gradini delle scale per non morire, suppongo.

Una bella stoccata ai “falsi moralismi” ed al “buonismo gratuito”, sempre d’effetto e di moda, qualche riflessione a caso su “c'è chi muore diventando angelo e c'è chi vive essendo un diavolo!! Bè io non volevo essere né l'uno, né l'altro.... adesso vorrei essere solo terra... terra da calpestare... che si bagna solo quando il cielo piange, perché ormai lei non è più in grado di farlo.. solo questo e niente più...”, abbastanza fuori nesso con il resto, però in una storia in cui non si capisce neanche chi siano i protagonisti, le circostanze, la sequenza temporale e logica degli eventi, direi che possa essere accettabile.

“Ti pare così assurdo che abbia solo voluto provare qualcosa di diverso?? Sentire che eri lì con me, anima e corpo???”

Eh, no, qui la nostra protagonista inizia a sragionare: non voleva solo portarsi a letto il ragazzo? Si è resa conto di amarlo, improvvisamente? Dov’è avvenuto questo mutamento subitaneo di prospettiva?! Perché non rivelare che anche lei ricambiava i suoi sentimenti, quando lui gli ha detto di amarla, allora?! Se è avvenuto dopo, questo cambiamento, di cosa si lamenta?!

Capitombolerei con un urlo, a questo punto, tuttavia credo che anche l’ultima riga meriti considerazione per capire quanto questa storia sembri più uno sfogo di Nami (abbiamo detto che non può essere Robin) senza arte né parte, piuttosto sconclusionato e senza un utile cenno di trama come base alle sue farneticazioni.

“< Se mi ami, dimenticami...>”

I baci perugina ringraziano sentitamente e ci informano che, se avessimo letto i commenti della storia, avremmo scoperto che l’autrice aveva risposto ad alcuni recensori informandoli che i protagonisti della fic erano Zoro e Nami. 

Se la fanfiction avesse avuto il piacere di comunicarcelo in sede di lettura, quantomeno ci avrebbe permesso di esprimerci chiaramente sull’adeguatezza del testo al carattere dei personaggi e, debbo essere sincera, questa fic è assolutamente priva di nesso con l’universo di One Piece; potrebbe essere rivolta a qualsiasi fandom e resterebbe comunque un’accozzaglia di pensieri furenti e deprimenti nosense. Se solo si fosse speso più tempo nel dare un contesto alle sensazioni di dolore che Nami prova all’interno del racconto, probabilmente sarebbe uscito qualcosa di un pochettino angst, ma comunque sufficientemente in linea con l’immagine di una Nami triste perché non ricambiata da Zoro a livello fisico. Spiegare da dove fosse derivato questo sentimento fra i due, sarebbe stato faticoso ugualmente, purtroppo…

Concludo aggiungendo che, a metà, viene inserita la frase “Les fleurs du Mal” e Nami si sente esattamente come un involucro bellissimo e malvagio e che, a differenza dei cattivi, lei prova rimorsi e sensi di colpa.

Scusate, l’estemporaneità della storia mi ha contagiato un attimo!


Dopo un’ultima rilettura, afferro il fascicolo, rimetto a posto i fogli senza troppa precisione e, approfittando di qualche foglio bianco messo da parte, mi avvicino alla mia macchina da scrivere per battere una lettera da consegnare (via gabbiano) alla nave misteriosa che richiese la nostra assistenza tempo fa, giusto per comunicargli la risoluzione del caso e la nostra parcella. Soddisfatta, porto il referto verso lo schedario in metallo dei casi risolti e lo abbandono lì, poi mi tuffo ancora sulla mia sedia girevole e mi faccio accarezzare dalla debole frescura del ventilatore: sogno di un mare blu immenso e di pirati coraggiosi e leali.
Sorrido e mi addormento.

18 mar 2014

Un Caso Innominabile

Me ne stavo seduto pigramente sulla mia scricchiolante sedia di legno, rivolto verso la grande finestra alle spalle della scrivania dell’ufficio. Osservavo il maestoso paesaggio della città: quel ramo della tangenziale sud, che volgeva a mezzogiorno, tra due file non interrotte di grattacieli, tutto curve e svincoli, a seconda dello scorrere e del rientrare del traffico, veniva, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di viottolo, tra un centro commerciale a destra, e un ampio parcheggio dall'altra parte. Passai qualche minuto a rimirare quel caotico spettacolo metropolitano, prima di volgermi nuovamente verso la scrivania e non mi stupii di trovarla in disordine, forse avrei dovuto spiegare meglio alla mia segretaria Fenici il concetto di “riordinare”. Nessuno dei fascicoli che le avevo chiesto era nel giusto ordine, perciò dovetti prendere dal mucchio un nuovo caso su cui lavorare. Mi colpì immediatamente la lettera ingiallita priva di mittente: era scritta a mano, lo stile era elegante ma lo stesso non si poteva dire dei termini usati (che qui non riporterò); questo cliente pretendeva giustizia, ritenendo la sua immagine infangata da falsi pettegolezzi comparsi su un celebre sito di fanfiction chiamato EFP.
Siccome non avevo altri casi urgenti per le mani, preferii levarmi di dosso questa grana ed uscii dall'ufficio per recarmi sul luogo del misfatto e controllare questi pettegolezzi; non mi ci volle molto per risalire alla fonte del caso, una fanfiction dal titolo: “Le Innominabilità dell’Innominato” di Dyotima.

Vi avverto subito che qui parleremo di una storia da bollino rosso, quindi care madri chiudete i vostri pargoli in camera e voi di stomaco debole premunitevi con sacchettini. L’introduzione ci conduce subito al cuore della fanfiction, il protagonista è niente poco di meno che l’Innominato: efferato signorotto di una zona non ben precisata della Lombardia. Per chiunque abbia letto o abbia rimembranze di noiose lezioni di letteratura di Alessandro Manzoni, avrà subito capito che stiamo parlando dei Promessi Sposi. Continuando a leggere scopriamo che in questa fanfiction si parlerà della: “ferrea disciplina che vigeva nel castellaccio di questo signore. E le punizioni -forse peggiori dei suoi delitti- previste per i bravi che non adempievano a ciò che era stato loro ordinato di fare.” Dunque uno spaccato sulla vita di questo criminale incallito e dalla mente contorta, essendo egli uno dei personaggi più complessi a livello psicologico che Manzoni abbia mai creato, le aspettative sono ben alte ed il tema suscita un certo interesse. I personaggi sono: l’Innominato, i suoi Bravi e Lucia Mondella, quindi ci si aspetta una storia incentrata sulle vicende dei capitoli XX e XXI dei Promesso Sposi, rapimento di Lucia e prigionia nel castello. Tuttavia continuando a leggere non ho potuto fare a meno di provare un certo ribrezzo nel leggere la parola slash, ma il mio lavoro mi porta spesso di fronte a casi scioccanti, per cui mi sono fatto coraggio ed ho iniziato la lettura.

La vicenda si apre coi bravi pronti a fermare Lucia con lo stratagemma delle indicazioni per raggiungere Monza, fin qui tutto okay, la presenza della carrozza con la quale poi i bravi rapiranno Lucia, per portarla al castellaccio del loro padrone, si inserisce perfettamente con le vicende del capitolo XX. Tuttavia già dopo le prime righe ben preparate ecco arrivare la prima mazzata alla storia originale, il lungo dialogo tra Lucia ed i Bravi che precede il rapimento viene tagliato di netto… I lettori si staranno domandando a cosa sia servito che il Nibbio le abbia chiesto le indicazioni per Monza se tanto poi l’assale subito insieme ai suoi compagni senza farla parlare, poi un’altra cosa: dove ci troviamo? In che luogo si svolge questa scena? Il tutto sembra avvolto dal mistero, ma andiamo avanti:

“Sentì, all'improvviso, qualcosa che la afferrava per il collo e qualcos'altro che le bloccava, con uno strattone, le braccia dietro la schiena. Si sentì assalire da più parti e capì che si trattava di braccia.
Braccia nerborute, da contadini navigati. O da bravacci, come ne giravano tanti da quelle parti.”

Qui abbiamo un classico esempio di come un’azione semplice può essere resa in modo contorto e complesso: leggendo questo passo più e più volte non solo faccio fatica a capire la dinamica dell’azione, ma non posso fare a meno di pensare che Lucia sia un po’ tonta, dato che non riesce a capire subito che quel “qualcosa” e “qualcos’altro” che l’assalgono, sono le braccia delle persone con cui sta “parlando”… Cavoli sono persone che stanno di fronte a lei! Poi perché usare dei termini indefiniti? Con quante parti del corpo umano si può assalire una persona?
Comunque, i Bravi in un modo o nell’altro riescono ad utilizzare le loro braccia per bloccare la povera Lucia che si dispera invocando aiuto mentre il terrore prendeva il sopravvento: “Su Renzo, sulla madre, sulla monaca. Per un momento, persino sulla Madonna e su Dio”… Ma da dove sono sbucati tutti questi personaggi? E stanno tutti senza far niente? Passi per Renzo, Agnese e la monaca, ma almeno il buon Dio e la Madonna potrebbero dare una mano a Lucia invece che assistere alla scena terrorizzati. Ancora una volta, siamo di fronte ad un concetto che dovrebbe apparire chiaro ma che viene buttato giù in maniera superficiale. Frasi del genere se ne trovano in tutta la fanfiction, insieme ad altre molto chiare ma che instillano qualche dubbio nel lettore.
“Una mano, estremità di una di quelle tante braccia, le impedì di continuare.” Il concetto dovrebbe essere abbastanza ovvio ma più lo leggo, più un dubbio atroce mi assale: se una mano è l’estremità di un braccio, le altre braccia cos’hanno per estremità? Spade? Pistole? Lancia missili? Testate nucleari? Se si sente la necessità di dare delle spiegazioni specifiche, che rasentano l’ovvio (come il concetto che una mano è l’estremità di un braccio) bisognerebbe almeno controllare che queste spiegazioni non risultino contorte ma semplici, non sempre l’uso di un linguaggio ed un’espressione ricercata è sinonimo di qualità o di completezza. Lucia dunque, è in balia di questi nerboruti Bravi, di cui uno dotato di mani all’estremità delle sue braccia (per gli altri non ci è dato sapere), e comincia a dimenarsi per cercare una via di fuga, anche se a questo punto l’unica cosa che sembra fuggire da questa situazione sia l’IC della contadinella di Lecco. Ma stiamo parlando davvero di Lucia Mondella? Quella giovane santa donna, al cui confronto Madre Teresa sembra la saponificatrice di Correggio? Evidentemente al monastero aveva imparato molto di più che preghiera e mansuetudine.

“Affondò i denti nella carne che le opprimeva il respiro. Il proprietario della mano cacciò un urlo che poco aveva di umano, e la ritirò sanguinante. Gli altri bravi (erano due) ebbero un attimo di esitazione, che bastò alla giovane per divincolarsi e fuggire. Corse. Corse finché il respiro glielo permise.”

Eh già! Certo! La dolce Lucia che prende a morsi gli aggressori e se ne fugge via, mi domando come mai a questo punto della storia non sia andata a cercare direttamente Don Rodrigo e il Griso e non gliele abbia suonate. Questa narrazione non rispetta nemmeno il carattere dei personaggi creati dall’autore, in nessun frangente dei Promessi Sposi Lucia si darebbe alla violenza come autodifesa… Anzi di fatto nel romanzo non si difende mai: prega, piange e si dispera.

“Di lei si disse poi che era tornata al monastero e Gertrude, con un'amarezza compensata da un sollievo che non osava confessarsi, l'aveva fatta rientrare come se niente fosse. Lo scartafaccio, purtroppo, non ci lascia modo di sapere come la monaca si fosse poi comportata con Egidio, ma possiamo ben immaginare in che modo placasse le voglie e i risentimenti di un satiro simile.”

Continua anche qui la distruzione dell’intera trama dell’opera, la fanfiction segna come genere: missing moments (momenti non narrati all'interno dell’opera), ma qui invece troviamo gli eventi della trama originale completamente riscritti… aspettate però, non è finita qui, questo infernale carosello di oscenità è solo all'inizio. I Bravi dunque si lasciano sfuggire Lucia che, dopo essersi liberata dalla morsa di tre omoni grossi almeno il doppio di lei, riesce a seminarli correndo all'impazzata. Vorrei riflettere un attimo sulla situazione un po’ bizzarra, gli sgherri dell’Innominato sono dei briganti con una certa esperienza, forti (anzi nerboruti) armati di tutto punto e, cosa non da poco, sono ben tre! Lucia, la poverina, è una ragazza gracile e timida, com'è possibile che con un semplice morso riesca a liberarsi di tre uomini molto più forti di lei? E ancora: questi Bravi che razza di briganti sono? Uno di loro sanguina e gli altri due stanno a guardare? Quando Lucia si mette a correre non potrebbero inseguirla? Hanno pure una carrozza!
La fanfic ci informa che Lucia riesce, alla fine, a tornare al convento, un fatto che oltre a stravolgere l’intero corso del romanzo, non viene neanche approfondito. Dato che non sappiamo quanta strada avesse già fatto Lucia, mi domando: dove si trovava? Quanto tempo ci ha impiegato? Ora che non è più minacciata dall'Innominato riuscirà a tornare da Renzo? Domande che rimarranno prive di risposta, visto che di Lucia non ne sentiremo più parlare per il resto della fanfiction.

Fallito il tentativo di rapire Lucia (strano i Bravi del romanzo ci riuscivano!) i nostri tre sfortunati ritornano malconci e con la carrozza vuota al castello del loro padrone, non ci è dato sapere quali pensieri abbiano attraversato le loro menti, eppure di domande da porsi ne avrebbero avute a iosa, giusto per suggerirne una: perché non utilizzare la carrozza per inseguire Lucia. Appena arrivati al castello vengono accolti dalla vecchia e bisbetica governante dell’Innominato la quale, appresa la notizia del fallimento, va a chiamare l’efferato signorotto. Questi si presenta sulla soglia con: due pugnali alla cintura, una pistola carica in una mano ed una carabina a tracolla! Ma chi è, Ezio Auditore? Optimus Prime? Terminator?  L’immagine di questo vecchio che gira per il suo castello armato come se dovesse partire per la guerra, mi dà l’idea che non stia molto bene mentalmente. Ma l’Innominato non trova fastidioso alla sua età passeggiare con tutte quelle armi addosso?  A cosa gli servono dentro il castello? Se poi si agghinda in questo modo per accogliere i suoi sgherri, figuriamoci le tonnellate di armi che si mette addosso se arrivano dei nemici! Vabbè… Veniamo al rapporto del Nibbio sulla missione:

“-Dunque non l'avete.
-No, signore.
-E perché non l'avete? Vi siete fatti sopraffare da una donnetta. Voi non valete quanto una donnetta...
-Ci è sfuggita. Noi abbiamo fatto tutto come si era convenuto, ma non ci aspettavamo una simile reazione...
-Basta. Venite con me. Sapete cosa vi meritate per questo servigio.”

Beh, molto esaustivo davvero! È incredibile come l’Innominato riesca a mantenere il suo aplomb di fronte al fallimento dei suoi uomini migliori, così com'è incredibile che il Nibbio cerchi di giustificare il fallimento dando merito a Lucia di averli colti di sorpresa… Questi Bravi sembrano più dei “bravi” a nulla che degli assassini a sangue freddo. Dopo il dettagliato rapporto della missione dove non viene spiegato né come Lucia sia potuta fuggire, né perché i Bravi non l’abbiano inseguita con la carrozza, l’efferato signorotto è pronto a somministrare la giusta dose di punizioni per i suoi sgherri negligenti. Li conduce così in uno stanzino angusto dove, ad un suo cenno, i tre uomini cominciano a spogliarsi fino a rimanere completamente nudi, ci viene offerta una descrizione dei tre corpi ed anche dettagli (non richiesti) sull'odore pungente che emanano.
Qui comincia la parte incriminata che il mio cliente mette sotto accusa,  ed in effetti anch'io stento a credere che il vero Innominato avrebbe mai potuto abbandonarsi a tali laide pratiche, considerando che alla sua età, si sentiva prossimo alla morte e pronto a mettere in discussione un’intera vita di crimini e scelleratezze. Tuttavia come ho detto prima, ci troviamo di fronte all'ennesimo stravolgimento della trama e dei personaggi. Questa versione hardcore dell’Innominato comincia la seduta punitiva con un fragoroso sparo della sua pistola che: non solo non assorda nessuno nella piccola stanza, ma non riesce neppure a scaldare il ferro della canna. Passandola infatti lungo la schiena del Nibbio questi prova dei “brividi” che lo scuotono. Ora, se non fosse una verifica pericolosa da provare a casa ve la consiglierei anche, ma fidatevi quando vi dico che il ferro di una pistola che ha appena sparato è tutt'altro che freddo, il Nibbio dovrebbe quantomeno riportare delle ustioni lungo tutta la schiena e gemere di dolore per il ferro arroventato. Invece, dopo diversi sfregamenti, lo troviamo pure eccitato!
A questo punto il lascivo padrone comanda ad uno dei restanti servitori di fare un bel “servizietto” al Nibbio… E se state pensando che mi riferisca ad un bagno con acqua e sapone, vi sbagliate di grosso! La bocca del gaglioffo comincia a lavorare sul “sesso non lavato” del collega il quale sembra apprezzare. L’Innominato non si dimentica del terzo scagnozzo e gli comanda di accucciarsi per ricevere la sua parte, ovviamente questi obbedisce ed assistiamo così anche alla scena di sesso anale tra il Nibbio ed il povero Bravo:

“Il bravo accucciato a quattro zampe non dovette aspettare molto. Sentì delle meni ruvide, callose, abituate a compiere atrocità afferrargli la carne flaccida della schiena. E un dolore, subito lancinante, ma che sfociò immediatamente in un piacere che partiva da un punto nel basso ventre e si espandeva a ogni singola terminazione nervosa, si impossessò di lui. Il Nibbio gli era dentro. Andava avanti e indietro, come invasato, voglioso di un piacere sempre maggiore (che il nostro anonimo avesse letto De Sade?).”

Da dove cominciare? Partendo dai due sicari: il Nibbio sembra piuttosto felice di fare la parte del “donatore”, ed anche il “ricevente” dopo un iniziale attimo di titubanza sembra apprezzare le doti del suo partner. La scena, inoltre, è descritta con incredibile precisione, è ricca di numerosi dettagli quasi volesse farci provare le stesse sensazioni dei due “amanti”. Per non parlare del riferimento a De Sade! Il Divin marchese nasce nel 1740 ed i suoi scritti risalgono ad un periodo compreso fra il 1788 ed il 1800, come potrebbe il nostro “anonimo secentista” averle lette? Deve aver vissuto davvero a lungo, considerato che i Promessi Sposi è ambientato tra il 1628 ed il 1630. Aggiungerei anche lo stupore del lettore nell'appurare che queste, più che punizioni, sembrano piacevoli intermezzi fra una missione e l’altra. Tornando sulla scena descritta nella fanfiction,  non c’è tempo nemmeno per fermarsi ed approfondire la psicologia o i pensieri dei personaggi, poiché l’Innominato passa subito ad elargire una nuova “punizione”… Una masturbazione forzata del giovane scagnozzo. Continuo a sospettare che questo vecchio delinquente più che da padrone inflessibile si comporti da magnaccia di bassa lega e non posso che provare un senso di pietà misto a disgusto, mentre proseguo nella lettura di questa fic, nel vedere dipinto un Innominato più schiavo dei suoi istinti perversi, che del dramma interiore che sta vivendo; la sua figura è molto OOC rispetto all'originale. Mentre è ancora impegnato nel suo lavoro manuale, il Nibbio conclude la sua performance in bellezza: imbrattato il sederino del collega, si va ad accucciare in un angolo “con una certa rabbia, perché sapeva che, per almeno tutto il giorno seguente, gli altri due gli avrebbero dato dell'impotente e si sarebbero fatti beffe di lui, per quanta autorità potesse esercitare.”
Qui davvero stento a capire: ma al Nibbio piace intrattenersi in rapporti sessuali con altri uomini? Da dove nasce la sua preoccupazione per l’impotenza? Ma soprattutto… Questa non doveva essere una punizione? Personalmente se dovessi punire qualcuno per una sua manchevolezza, cercherei di metterlo in una situazione spiacevole, nella quale non si senta a suo agio; questa scena invece trasmette tutto fuorché disagio o disperazione, i Bravi dovrebbero soffrire per le turpi azioni che il loro padrone li costringe a compiere, invece se la godono eccome! La fanfiction si conclude con l’immagine del nostro Innominato, versione magnaccia dei poveri, solo nella stanzina delle punizioni.

Cosa dire in generale di questa fanfiction? Sicuramente che non rispetta né la trama originale dell’opera, né il carattere dei personaggi del Manzoni. Come detto in precedenza, la fanfic presenta come unica nota missing moments (momenti mancanti nella trama originale), ma dovrebbe segnalare piuttosto un what if? (se fosse successo così…) per via dello stravolgimento della trama: nel romanzo Lucia non fugge dai Bravi dell’Innominato ed il rapimento ha successo, se si cambia questo punto allora tutto lo sviluppo successivo del romanzo non risulta coerente. Ci sono anche forti elementi di OOC (out of character) nei personaggi dato che: Lucia ricorre alla violenza per difendersi dai suoi aggressori, cosa che assolutamente non avviene mai nel romanzo e soprattutto non è conforme al carattere della Mondella, la quale rappresenta nell'opera manzoniana tutti gli ideali di purezza e mansuetudine propri della fede cristiana. L’Innominato, poi è totalmente diverso da come ci viene presentato alla sua prima apparizione nel capitolo XX dei Promessi Sposi. L’efferato criminale sta attraversando un periodo di forte crisi spirituale, ripensa alla sua vita di crimini e comincia a temere per la propria anima, combattuto fra la sua indole immorale ed un desiderio ancora inespresso di redenzione. Rileggendo l'Innominato della fanfiction, tutto mi sembra fuorché combattuto e sofferente... Anzi se la spassa di brutto! Inoltre non c'è il minimo indizio sul contesto, non c’è alcuna indagine sulla psicologia dei personaggi, le azioni si susseguono l'una all'altra senza essere legate da alcun filo conduttore, come nelle migliori storie PWP (trama, quale trama?) che ovviamente qui non è segnalato. Oltretutto non ci vengono spiegate le scelte operate dai personaggi: perché i Bravi non inseguono Lucia? Perché l’Innominato usa la perversione sessuale come punizione? Perché questa perversione non sembra una punizione ma un piacere per chi la subisce? Domande a cui la fanfic non risponde, lasciando nel lettore un senso di confusione e smarrimento.


A conclusione del caso, mi riservo di dare ragione al mio anonimo cliente (ormai avrete capito anche voi chi è), questa storia non ha nulla a che vedere con lui o con le vicende a lui associate, è una storia che ha come unico fine la minuziosa descrizione delle azioni di un vecchio, che gioca a fare il padrone perverso coi suoi servi compiacenti. A chiusura di questo fascicolo mi permetto un’ultima considerazione personale: se questi sono i Promessi Sposi, che la provvidenza ci aiuti!

16 mar 2014

BENVENUTI

Buonasera gentili ospiti e benvenuti nel nostro sporco studio di periferia, dove i crimini più efferati sono all'ordine di ogni buia notte: cercate forse dei buoni libri che continuano a nascondersi alla vostra visuale, fra scaffali polverosi di librerie e biblioteche? Oppure volete smascherare furfanti i cui crimini giacciono ormai dimenticati nelle pieghe della rete, in qualche sito di fanfiction?
Bene, siete venuti nel posto giusto perché quest'agenzia investigativa si occupa di risolvere i vostri problemi letterari e portare i colpevoli alla luce del sole, ma ricordatevi: viviamo in un mondo losco e corrotto, dove non sempre la giustizia segue il suo corso e noi ci limitiamo a riportarvi i risultati del nostro lavoro. Il nostro desiderio di gloria ha come unico scopo quello di riempire i cassetti dei nostri archivi, come oscuri ricordi all'innegabile istinto primordiale di violare le leggi della natura (e della grammatica)...

... Naaah! Stavamo scherzando (o forse no!?) passiamo alle vere presentazioni: noi siamo Tafaz e Fenici Bianche d'Ira. Siamo due giovani scrittori amatoriali ed avidi lettori, che hanno deciso di aprire questo blog per offrire a chi fosse interessato, recensioni e critiche su: romanzi, racconti, fumetti, manga ed opere di autori di fanfiction pescate fra le maree del web, sperando di scovare opere degne di riconoscimenti. Tuttavia se pensate che questo blog tratti solo recensioni positive o compiacenti, rileggetevi meglio il sottotitolo... Come dicevamo poco più sopra, il lato oscuro è sempre in agguato, BWAHAHAHAHAH!!!

Scusate, l'ultima frase l'ha scritta Fenici che, appena esco per indagare, s'impossessa del mio computer per scrivere fanfiction (lei crede che non lo sappia), ma ora è tornata a riordinare le schede dell'archivio. Ed ora che ne dite di un po' di biscotti al gin?