30 ott 2015

Giorno d'inventario: I 10 Momenti più belli di Naruto (Parte 2)

#5 – Gaara vs Naruto
(fonte: mangareader.net)
Fenici: Mostro contro mostro. C’è differenza? Tanta, molta più di quanto dicano le apparenze: uno ha scelto di esserlo e l’altro ha voluto staccarsi da quell’etichetta. E sono le motivazioni delle loro scelte a segnare una ferita profonda nell’animo di Naruto, colui che ha deciso di vivere la vita amando gli altri e proteggendoli da qualunque pericolo: Gaara ha deciso di amare solo se stesso, di vedere le persone come una minaccia al suo diritto a vivere, un monito tristemente impresso sulla fronte dopo aver scoperto la cruda realtà di non essere mai stato amato. Per rafforzare il suo diritto ad esistere è disposto a uccidere chiunque senza battere ciglio, non comprende chi si sacrifica per gli altri. E questo spaventa in modo terribile Naruto, che vede in Gaara il più forte. Il pensiero spavaldo del giovane shinobi s’incrina di fronte al cinismo del mostro, ma all’improvviso riacquista l’audacia di sempre quando la vita dei suoi amici si trova in pericolo. Allora Naruto capisce che anche se il rischio di morire è presente come non mai, lui non vuole perdere contro quella visione terribile del mondo, contro l’annullamento di ogni speranza per la distruzione totale di qualsiasi persona. Lui sa di essere più forte, sa che fino a quando avrà delle persone care da proteggere non abbasserà il capo in segno di sconfitta. Anche Gaara si piegherà alla sua forza. Anche il chakra della volpe.
Questo è il momento in cui le convinzioni di Naruto vengono scosse. Gaara è il personaggio perfetto per mettere in crisi il ragazzo, per chiedergli sottilmente se sia la strada percorsa dal protagonista la migliore o se, invece, Gaara abbia preso la direzione che permette di raggiungere la vera forza. Ed è straordinaria la potenza della risposta di Naruto, il coraggio con cui si pone davanti al pericolo per colpire in pieno viso il nemico con una verità priva di mezze misure: se Gaara provasse ancora a toccare i suoi amici, Naruto lo ucciderebbe. E’ la replica che lo shinobi di Sunagakure non si aspettava, quella che lo lascia senza parole perché sono quelle convinzioni ad averlo annichilito. Il tutto in uno scontro mastodontico, grande quanto la determinazione dei due protagonisti: la misura dei loro cercoteri.
Ma qual è il danno più grande di questa lotta epica, di questa battaglia fra idee simili e diverse al tempo stesso? Come molti altri splendidi momenti presenti nel manga di Kishimoto, il problema è sempre postumo: la verità narrata dal padre di Gaara scombussola completamente l’immagine della vita del ragazzo, rovina impietosamente una maturazione arrivata con la consapevolezza che, anche se si nasce senza amore, è il desiderio di colmare quel buco a renderti una persona capace di donarne e riceverne. La meravigliosa costruzione di Gaara viene disfatta in favore di una visione più politicamente corretta, più adatta ad un pubblico variegato che voleva un background differente per il Kazekage. Distruggendo per sempre il fascino e gli sforzi della sua crescita personale.

#4 – Gaara vs Rock Lee
(fonte: mangareader.net)
Fenici: Chi è Rock Lee? Una macchietta creata apposta per ridere? Un personaggio dall’aspetto stravagante con una personalità inesistente? Una comparsa impressa sullo sfondo solo per far risaltare la potenza dei protagonisti? Domande le cui risposte sembrano retoriche, ma che in realtà nascondono la vera essenza di questo personaggio capace di conquistare altri mangaka, come Oda o Toriyama: Rock Lee è il protagonista morale dell’opera di Kishimoto. È lui il vero “sfigato” della situazione, il ragazzo che ha sempre dovuto impegnarsi come un mulo per arrivare anche solo a toccare le dita dei piedi dei rivali. Naruto ha sempre avuto una forza nascosta da cui attingere, in seguito si scoprirà anche un destino da prescelto, mentre Rock Lee ha sempre avuto la sua sola volontà di arrivare e distruggere quella barriera che lo separa dagli altri fenomeni del manga. In questo scontro tutti i riflettori sono puntati su di lui, Gaara è il simbolico muro che lo divide dal suo obiettivo e si comporta come tale: resta statico durante tutto il combattimento ed è Rock Lee ad agitarsi per tutto il campo di battaglia, utilizzando ogni mossa ed accorgimento che conosce per neutralizzare lo sfidante. Ma Gaara, pur essendo ancora un personaggio misterioso in questo arco narrativo, rappresenta non solo figurativamente ma letteralmente l’ostacolo contro cui Rock Lee ha dovuto lottare sin dall’inizio del suo percorso di ninja: lui è un genio, ciascun colpo inferto dallo shinobi di Konoha viene parato senza batter ciglio tramite la sabbia, che si erge a scudo del suo padrone sempre più velocemente dei calci e dei pugni. Gaara resta intoccabile e anche quando Rock Lee sembra avere una possibilità di vittoria, lui è sempre un passo davanti a lui, la Bestia Verde di Konoha sfodera tutte le tecniche presenti nel suo bagaglio, costruito tramite il duro lavoro, per sfiorare anche solo minimamente il volto immacolato sin dalla nascita di Gaara. Ma lui è un genio, mentre Rock Lee è un eterno sconfitto. In pieno spregio dell’impegno profuso dallo sfidante durante il combattimento, Gaara lo priva consapevolmente delle sue armi più micidiali: lo ferisce irrimediabilmente nel corpo, negandogli per sempre la possibilità di tornare a sperare di riuscire ad abbattere quel muro. Un’epopea struggente, concentrata in un’unica battaglia che l’autore narra astutamente dalla parte di Rock Lee, come a lasciar intendere al lettore che il ragazzo possa davvero riuscire nella sua impresa disperata. La batosta che ne segue da parte di Gaara, l’ennesimo fenomeno nel parco di ninja della serie, risulta per questo ancora più inaspettata e crudele, uno schiaffo morale tremendo nella sua chiarezza: il talento vince sopra l’impegno.
E la rabbia invade prepotentemente l’animo del lettore quando si realizza come questo messaggio sia stato protratto fino alla conclusione del manga: Naruto raccoglie la sfida persa da Rock Lee, come a voler affermare che sarà proprio un fallito come il ragazzo a sconfiggere i geni che continuano a guardare quelli senza talento dal basso verso l’alto, ma in realtà lui è solo un predestinato dai poteri straordinari. A chi vuole farcela solo con il duro lavoro viene negata ogni possibilità di riuscire a competere contro i mostri sacri del manga.

#3 – Morte di Asuma/Vendetta Shikamaru
(fonte: mangareader.net)
Fenici: Della Shippuden è già stato detto tutto: difficile dimenticare i power-up inspiegabili, i personaggi ridotti a sfondo per dar spazio a una dualità infinita fra Naruto e Sasuke, capace di protrarre fino alla conclusione gli stessi dilemmi e diatribe. Sembrerebbe che dopo l’allenamento di due anni di Naruto con Jiraiya sia tutto da buttare, eppure c’è stato un tempo in cui la speranza di assistere a saghe belle ed epiche non era mai sparita: Shippuden parte con uno scontro maturo e intelligente, la battaglia fra Sakura, la vecchia Chiyo e Sasori è forse sporcata solo dal finale politicamente corretto. Poi arriva la prima saga poco interessante, la continua ricerca di Sasuke portata all’esasperazione.
Poi arriva il momento in cui l’opera schiaffeggia i suoi lettori. Sembra quasi dire: “Cosa credevate? La morte non è solo per i vecchi”!  C’è Asuma seduto con gli occhi vitrei e un fiore che cade nella polvere. C’è una sigaretta accesa sotto la pioggia e un re orfano da crescere. E’ la prima volta che la serie presenta dei malvagi in grado davvero di intimidire i ninja di Konoha e di non nascondere niente dietro le loro azioni: c’è un fanatico che vuole sangue per soddisfare i capricci di una divinità violenta e un avaro che cerca denaro e cuori da conservare nella sua personale collezione. Il resto della loro vita è segreto, non importa chi siano o non siano, rappresentano semplicemente i desideri perversi e ricolmi di cupidigia degli esseri umani. Dovrebbero essere gli scagnozzi meno pericolosi dell’Akatsuki, ma Hidan e Kakuzu sono i primi ad uccidere per davvero i loro nemici. Shikamaru è costretto a maturare di fronte all’inutile banalità del male, davanti a dei nemici apparentemente imbattibili e immortali. E lui non è un genio, non ha una riserva di chakra potente come quella di altri suoi coetanei: lui gioca a scacchi con la vita delle persone e spera di non dover sacrificare nessuna pedina durante lo scontro. Deve superare i suoi limiti per essere uno stratega migliore, con l’abilità di sconfiggere quei nemici che nessun altro saprebbe come affrontare.
C’è una sigaretta stretta nel pugno nel secondo scontro con Hidan. L’assassino di Asuma non ha paura né pietà, nemmeno davanti al ragazzo che ha scoperto i suoi assi nella manica e la sua follia gli costerà l’unica debolezza che non credeva di avere: qualche volta la morte è una benedizione, ma neppure dove viene sepolto vivo se ne rende conto.  La vendetta di Shikamaru ha odore di aria fresca dopo essere rimasti chiusi in una stanza buia: il fumo che prima penetrava nei suoi occhi e polmoni, impedendogli di respirare, ora non c’è più così come l’immagine del maestro di vita di fianco alla sua figura, china a salutare per sempre il carnefice di una famiglia in procinto di nascere.

#2 – Naruto vs Neji
(fonte: mangareader.net)
Tafaz: E siamo alla seconda posizione di questa Top 10. Come per molti momenti scelti in precedenza, anche per questa posizione di alta classifica ritorniamo su un evento della saga della selezione dei chunin. Questa saga rappresenta, forse, la visione più chiara di come il manga sarebbe dovuto apparire anche nel proseguo della sua storia, cosa che purtroppo non è avvenuta. In precedenza si era parlato degli scontri fra Naruto e Gaara e fra Rock Lee ed il ninja della sabbia, entrambi combattimenti carichi di significati e di messaggi diretti ai lettori. Anche in questa seconda posizione vediamo anteporsi Naruto contro Neji.
Questo scontro non solo rappresenta l’ennesima dicotomia fra il puro genio e la forza di volontà, che tanto ha contraddistinto anche altri personaggi della serie, ma serve anche come evoluzione degli stessi personaggi in senso significativo. È infatti Neji ad essere profondamente messo in discussione in questo scontro, non tanto per la sua abilità, ma per la ristrettezza mentale che lo ha segnato per tutta la prima parte del manga. Egli è colmo di rabbia perché, pur essendo consapevole del suo genio, non viene riconosciuto all’interno della sua famiglia. I dolori del passato gli offuscano la mente e gli fanno vedere il prossimo solo come un ostacolo o un ingombro per la sua realizzazione. L’unico rispetto che riesce a maturare è quello per i suoi compagni di team, mentre per la cugina Hinata arriva ad avere sentimenti che rasentano l’odio ed il disprezzo. Naruto è consapevole di questa situazione, ma nonostante tutto non si lascia né intenerire, né trasportare dalla rabbia nei confronti del rivale, il duello mette in luce la tenacia del piccolo ninja reietto, una tenacia che fa vacillare le certezze del genio del villaggio. Lo scontro è una grande lezione non soltanto di umiltà ma di rispetto verso tutti. Quello che Naruto insegna a Neji è che non importa quanto il proprio passato lo abbia afflitto, questa rabbia non può essere diretta contro gli altri, ma va superata ed usata come slancio per migliorare se stessi. Alla fine è questo quello che rende una persona davvero matura, non l’ergersi imperioso sopra gli altri, ma usare il proprio talento per aiutare i compagni. Da quel momento in poi Neji realizza questo valore importante e lo mette in pratica, mutando completamente atteggiamento verso tutti, non è più il genio spocchioso e chiuso nel suo dolore, egli sceglie la strada dell’accettazione e del superamento del dolore. Cosa che invece non farà Sasuke, con il quale possiamo mettere Neji in forte relazione: entrambi geni, entrambi con un tormentato passato, entrambi compagni di Naruto, ma soltanto uno di loro riesce ad accettare l’aiuto ed il sostegno del giovane ninja, superando il proprio momento di difficoltà.

#1 – Morte di Jiraiya
(fonte: mangareader.net)
Tafaz: La scalata è ormai conclusa, siamo alla prima posizione di questa Top 10. Dopo tanto affanno nel cercare il momento che meglio rappresenta l’apice narrativo di questo manga, siamo giunti alla conclusione che questo sia proprio: la morte di Jiraiya.
Cosa ha di tanto speciale questo momento? Il fatto che si svolga lontano dagli occhi di tutto il villaggio? La perdita di una figura che si pensava potesse ancora dare il suo contributo alla storia? Forse. Tuttavia il personaggio di Jiraiya, di cui conosciamo il background grazie ad un flashback riguardante il rapporto fra lui e Nagato, dona molto di più al manga con la sua morte, che non con la sua presenza. Innanzi tutto perché la sua morte avviene durante uno scontro carico di significato per lui, uno scontro che lo getta nello sconforto, dato che realizza il grande errore della sua vita: pensare che Nagato potesse essere colui che avrebbe cambiato il mondo. Si potrebbe dire che ci aveva quasi azzeccato, ma di certo tutta la faccenda dell’Akatsuki e della conquista del mondo non erano proprio quello che lui immaginava. Lo scontro fra Nagato e Jiraiya, che si concluderà con la morte di quest’ultimo, sottolinea non solo lo sconforto del sennin, ma getta anche un’ombra sulla vicenda che sembra prendere una deriva disfattista ineluttabile. Però da questo scontro, proprio sul finale, ecco arrivare la consapevolezza per il vecchio maestro, nel momento di massimo sconforto, quando è evidente ormai che egli non può nulla per fermare l’allievo che aveva cresciuto e nel quale riponeva fiducia, ecco arrivare il momento illuminante: la consapevolezza che non tutto è perduto, che lasciando questo mondo non lascia solo un allievo carico di odio e portatore di morte, ma anche un allievo che rappresenta la speranza, un allievo che gli ha fatto capire di essere lui stesso ancora un ottimo maestro. Naruto.
Jiraiya capisce ciò, proprio mentre sta affondando, abbandonandosi lentamente alla fine, che non tutto è perduto, che non tutto è già scritto. Rimane sempre una speranza, una luce che lui stesso ha contribuito ad accrescere. In questo senso, egli capisce anche che non c’è più spazio per lui, che ormai ha fatto tutto quello che poteva, ora tocca ad altri raccogliere il suo lascito e decidere quale strada intraprendere. Ecco cosa insegna la morte del maestro Jiraya, ad accettare che le persone non durano in eterno, ma che i loro valori ci accompagneranno sempre. Allo stesso modo, insegna che non abbiamo sempre il potere di cambiare le cose, ma che possiamo trasmettere la nostra volontà a chi ci sta intorno, diventando così portatori di valori positivi. Questo ci insegna l’ero-sennin, ed è una lezione che non poteva essere impartita meglio se non con il suo sacrificio: immensamente triste è la sua dipartita, quanto immensamente grande è l’insegnamento che ci lascia. Non si può sempre contare sui vecchi maestri o sulle figure autorevoli per farsi valere, arriva il momento in cui dobbiamo raccogliere noi il testimone di questi grandi maestri, e determinare noi il nostro destino, fare le nostre scelte, nel bene e nel male, consapevoli e saldi nei valori che ci hanno tramandato.

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Anche questo lavoro è terminato, c'è voluto del tempo e di certo Fenici e le sue paturnie non mi hanno aiutato ad essere più veloce. Dovrò decidermi un giorno a tagliarle lo stipendio, oppure a tagliarle direttamente la connessione, così non si distrae e lavora!
Devo dire tuttavia, che il lavoro che ha svolto è davvero di ottima qualità, non riuscirei a trovare una segretaria migliore per il mio studio investigativo...mannaggia!

Fuori sta continuando a piovere, credo che passerò la notte in ufficio, l'unico ombrello disponibile tanto se lo sarà intascato Fenici. A volte fa bene ad un detective ricordarsi dei propri doveri verso i suoi clienti e forse domani mattina sarà la volta buona che aprirò l'ufficio in orario. Ora però a nanna, domani mi aspetta un altro caso su cui lavorare, uno di quelli tosti, che ti bruciano dentro peggio di una peperonata alle sei del mattino.