Osservando le veneziane abbassate che lasciano filtrare la
luce del mattino incombente, insieme allo strombazzare dei clacson in
lontananza, mi stendo sulla sedia girevole che adopero quando lavoro: questa
città sembra un incrocio fra New York e un’isola tropicale, tanto l’afa e il
traffico sono opprimenti. Il debole alito di vento proveniente dal ventilatore
portatile sulla mia scrivania, riesce a smuovere appena l’aria stagnante ed io
inizio a credere che non sarebbe male se, invece di tenere aperta un’agenzia
investigativa, ci comprassimo una bella piscina in cui sguazzare e sorseggiare
martini. Purtroppo, il nostro magro stipendio di detective scomodi ci permette
a malapena di pagarci una pizza d’asporto, figurarsi una bottiglia di liquore
fresco!
Decido di distrarmi andando a curiosare sulla scrivania di
Tafaz, che è uscito stanotte brontolando qualcosa su “una storia di sesso non
lavato” e “calunnie ingiuriose”; se solo fossi ancora un’illusa consulente
legale di provincia, l’avrei anche accompagnato, ma ormai questa caotica e
corrotta città ha vinto la mia curiosità ed il mio desiderio di salvare il
mondo. Ora, mi limito a risolvere i casi che quel vagabondo del mio collega
abbandona sulla sua scrivania e questo senza neanche muovermi dall’ufficio
(anche perché mi sono appena data lo smalto).
Fra i mucchi di fascicoli abbandonati sulla scrivania che il
mio socio si ostina a definire “in disordine”, su un post-it giallo canarino
appeso al computer, a cui io rispondo scrivendo sotto un bel “caos
controllato!”, trovo finalmente la mia preda, che avevo già odorato
riconoscendo il profumo di salsedine e di mandarini: una serie di documenti
legati insieme da una cordicella ormai tarlata quasi quanto le nostre sedie, su
cui capeggia la scritta One Piece, affiora dalle profondità del mare di
cartastraccia e, soddisfatta della mia pesca, afferro la cartelletta in fondo a
quell’insieme e me la porto, trotterellando, verso la mia scrivania.
Il titolo del referto è “Les Fleurs du Mal” a cura di
Dolcemaia e immagino già che, dal titolo, tutti voi abbiate pensato a
Baudelaire che, come ci fa notare l’autrice, era anche nei suoi pensieri al
tempo della scrittura della fanfiction, ma non vi preoccupate, a meno che Rufy
non si fermi ad ammirare il cadavere di Chopper e dica a Nami che anche lei,
prima o poi, farà quella fine, possiamo ancora sperare di non dover per forza
degustare un po’ di spleen decadente, anche perché è quasi sempre servito oltre
la data di scadenza e fa male alla salute (Nami ce lo ricorda dopo aver
giustamente malmenato Rufy).
L’autrice, comunque, tiene a precisare che il titolo “rispecchia
letteralmente ciò che pensavo mentra la scrivevo!”, perciò forse
vedremo solo i Mugiwara contro un esercito di fiori assassini prelevati
direttamente da Mcgee’s Alice: una battaglia decisamente gustosa (per i fiori,
non per i Mugiwara), che sarebbe troppo bella per essere vera…
…Infatti così non è, anche perché sarebbe stato difficile
consigliare la ficcy ai vostri nipotini di quindicesimo grado, visto che il
rating è verde: parole come “puttanella” o “cazzo” sono ormai diventati parte
del registro colloquiale di damine e
signorini.
Comunque, bando alle ciance ed iniziamo la lettura!
“Se c'è un momento in cui devi farmi morire è questo!!! Ora in questo
preciso momento... vorrei che la terra si squarciasse in due e si aprisse per
ingoiami e farmi sparire dalla faccia della terra, però se proprio non è
possibile avere questo bel cataclisma, mi accontenterei anche di una cosa meno
eclatante, che so un infarto... un attacco di cuore.... un ictus... Forse non
sarebbe troppo credibile, 19 anni in fondo sono troppo pochi per tutto questo,
eppure è adesso, in questo esatto momento che devi farlo, perchè io non resisto...
la testa mi scoppia, gli occhi non smettono di versare lacrime...”
Beh, almeno so perché la storia sia etichettata come genere
triste: direi che la depressione regna sovrana in questo inizio di fanfiction,
che non solo ci fa cadere braccia e gambe per la voglia di vivere che trasuda
da ogni parola, ma non ci spiega neanche un beneamato niente: partiamo subito
con questo flash di dolore, ma chi lo sta provando il dolore? Rufy? Zoro? Nami?
Altri?!
Tirate un dado e decidete perché vi posso assicurare che la
scelta sarà ininfluente nello svolgimento dei fatti, dato che queste sensazioni
soggettive non si potrebbero comunque applicare a nessuno nell’universo di One
Piece e, completerei, prive del benché minimo briciolo di spiegazione.
Senza contare che l’ingente numero di puntini di
sospensione, mi fa pensare di leggere un telegramma.
Fortunatamente, la fanfic sembra ritenerci finalmente degni
della sua presenza e ci rivela che colui che parla è una lei, come si intuisce
da “Ne
ho passate tante, troppe, per una bambina che ancora non capiva”.
Grazie al nostro livello alto in Cercare (ho tirato un dado ed è uscito
venti!), possiamo intuire che sia Nami la proprietaria di siffatti pensieri,
considerando che, sempre utilizzando Cercare, abbiamo capito che non potrebbe
trattarsi di Robin, visto che…No, effettivamente non possiamo capire se stia
parlando l’una o l’altra, saremo costretti a farcele andare bene entrambe!
Quelli che non tratterranno una battuta su una bella Doujinshi
Yuri, saranno cacciati via.
Il nostro confusionario viaggio prosegue nella depressione
cronica, con tanto di brame bizzarre, come quella di finire in un tunnel buio “dove
vanno tutti i rifiuti della società, tutte le mele marce idiote come me”
, o riflessioni altrettanto bislacche come “Cazzo, fammi morire, perché non ce l'avrò
il coraggio di guardarmi ancora nello specchio... mi sono comportata da
puttana... perfetta puttana... peccato che nonostante tutto sia ancora
vergine.... forse era solo questo che volevo... O forse ero solo convinta di
riuscire a legarlo a me, solo in questo modo...”. Siamo passati da un
pensiero all’altro senza che ci fosse un nesso logico veramente comprensibile e
qui s’inizia a sospettare che, un bell’avvertimento come “nonsense”, sarebbe
stato doveroso ed anche se Efp non aveva questo tipo di segnalazione, all’epoca
(anno 2003), un bel commentino atto a precisarlo sarebbe stato apprezzato!
Il rating verde implora pietà e chiede che almeno venga
segnalato l’utilizzo di qualche parola scurrile di tanto in tanto, giusto
perché il turpiloquio è l’unico modo per sottolineare uno stato d’animo pieno
d’angoscia e tristezza infinita. Credo proprio di dover rileggere meglio
Baudelaire, forse mi è sfuggito qualcosa sulla sua poetica decadente, il cielo-coperchio come simbolo di
oppressione suona male rispetto alle parolacce, acciderbolina!
In conclusione, però, abbiamo capito da dove derivi lo
struggimento della nostra protagonista indefinita: un ragazzo le “interessava”,
per essere educati (anch’egli risulta misteriosamente privo di nome), ma lui
non ha ceduto al suo fascino perché continuava a parlarle perché era innamorato
e voleva che lei lo ricambiasse, almeno questo è un sospetto, la storia non
cerca di aiutare molto il lettore nell’immedesimarsi nei personaggi o nel capire
la trama in sottofondo, anzi, sembra quasi accontentarsi di essere fine a se
stessa, ma noi non ci arrenderemo di fronte a così poco!
Vero? Vero?!
“Più mi allontanava e più il mio desiderio di centrare il bersaglio si
faceva sempre più forte......”
Avete sentito pubblico?! Restate dove siete o sarete
centrati come un bersaglio dalle freccette!
“Il bambino diventava sempre più furbo, ma credevo di esserlo ancora di
più, quasi con astuzia l'avevo portato su quel benedetto letto”
Il fatto che lei abbia usato il termine bambino m’inquieta
un po’: anche se fosse Robin la ragazza della nostra fic, non credo che
utilizzerebbe un termine come “bambino” per rivolgersi ad uno qualsiasi dei
suoi compagni di ciurma, soprattutto perché li rispetta come se fossero suoi
pari, dal punto di vista dell’età anagrafica. Continuano a venirmi strane immagini in testa…
Comunque, il ragazzo non cade nella trappola, l’abbandona a
se stessa e Creep dei Radiohead torna tranquillamente ad accompagnarci verso la
fine…
Ah, no, prima, in una scena totalmente inutile, lui torna
indietro perché aveva dimenticato il portafoglio che, se me lo concedete, rende
ancora tutto meno chiaro rispetto a prima: lui l’ha pagata come una bella di
notte? Dopo averlo fatto, se n’è andato senza concludere nulla?! E, oserei
aggiungere, chi, a parte Nami, ha dei soldi per conto suo?! La ciurma va
costantemente a credito da lei, anche se fosse stata la nostra cartografa la
protagonista della scena, avrebbe sicuramente sequestrato il denaro al nostro
protagonista maschile X come vendetta!
Questa ragazza, però, si accontenta di lanciargli
mentalmente qualche invettiva perché lui si diverte a torturala e torna nel suo
regno di dolore e rabbia.
“Non conosco il vero senso della
vita?? C'è qualcuno che pagherebbe oro per avere una'altra possibilità di
vivere? Bè sarei ben lieta di cedere la mia e completamente gratis...”
E qui escludiamo definitivamente Robin, perché una che urla
“VOGLIO VIVERE!” alle porte di Enies Lobby, non ce la vedo a cedere la sua vita
al primo che vuole una seconda possibilità: ci ricordiamo tutti della scena in
cui afferra con i denti i gradini delle scale per non morire, suppongo.
Una bella stoccata ai “falsi moralismi” ed al “buonismo
gratuito”, sempre d’effetto e di moda, qualche riflessione a caso su “c'è
chi muore diventando angelo e c'è chi vive essendo un diavolo!! Bè io non
volevo essere né l'uno, né l'altro.... adesso vorrei essere solo terra... terra
da calpestare... che si bagna solo quando il cielo piange, perché ormai lei non
è più in grado di farlo.. solo questo e niente più...”, abbastanza
fuori nesso con il resto, però in una storia in cui non si capisce neanche chi
siano i protagonisti, le circostanze, la sequenza temporale e logica degli
eventi, direi che possa essere accettabile.
“Ti pare così assurdo che abbia solo voluto provare qualcosa di
diverso?? Sentire che eri lì con me, anima e corpo???”
Eh, no, qui la nostra protagonista inizia a sragionare: non
voleva solo portarsi a letto il ragazzo? Si è resa conto di amarlo, improvvisamente?
Dov’è avvenuto questo mutamento subitaneo di prospettiva?! Perché non rivelare
che anche lei ricambiava i suoi sentimenti, quando lui gli ha detto di amarla,
allora?! Se è avvenuto dopo, questo cambiamento, di cosa si lamenta?!
Capitombolerei con un urlo, a questo punto, tuttavia credo
che anche l’ultima riga meriti considerazione per capire quanto questa storia
sembri più uno sfogo di Nami (abbiamo detto che non può essere Robin) senza
arte né parte, piuttosto sconclusionato e senza un utile cenno di trama come
base alle sue farneticazioni.
“< Se mi ami, dimenticami...>”
I baci perugina ringraziano sentitamente e ci informano che,
se avessimo letto i commenti della storia, avremmo scoperto che l’autrice aveva
risposto ad alcuni recensori informandoli che i protagonisti della fic erano
Zoro e Nami.
Se la fanfiction avesse avuto il piacere di comunicarcelo in
sede di lettura, quantomeno ci avrebbe permesso di esprimerci chiaramente
sull’adeguatezza del testo al carattere dei personaggi e, debbo essere sincera,
questa fic è assolutamente priva di nesso con l’universo di One Piece; potrebbe
essere rivolta a qualsiasi fandom e resterebbe comunque un’accozzaglia di
pensieri furenti e deprimenti nosense. Se solo si fosse speso più tempo nel
dare un contesto alle sensazioni di dolore che Nami prova all’interno del
racconto, probabilmente sarebbe uscito qualcosa di un pochettino angst, ma
comunque sufficientemente in linea con l’immagine di una Nami triste perché non
ricambiata da Zoro a livello fisico. Spiegare da dove fosse derivato questo
sentimento fra i due, sarebbe stato faticoso ugualmente, purtroppo…
Concludo aggiungendo che, a metà, viene inserita la frase
“Les fleurs du Mal” e Nami si sente esattamente come un involucro bellissimo e
malvagio e che, a differenza dei cattivi, lei prova rimorsi e sensi di colpa.
Scusate, l’estemporaneità della storia mi ha contagiato un
attimo!
Dopo un’ultima rilettura, afferro il fascicolo, rimetto a
posto i fogli senza troppa precisione e, approfittando di qualche foglio bianco
messo da parte, mi avvicino alla mia macchina da scrivere per battere una
lettera da consegnare (via gabbiano) alla nave misteriosa che richiese la
nostra assistenza tempo fa, giusto per comunicargli la risoluzione del caso e
la nostra parcella. Soddisfatta, porto il referto verso lo schedario in metallo
dei casi risolti e lo abbandono lì, poi mi tuffo ancora sulla mia sedia
girevole e mi faccio accarezzare dalla debole frescura del ventilatore: sogno
di un mare blu immenso e di pirati coraggiosi e leali.
Sorrido e mi addormento.