Mi sveglio ed è come se fossero passati mesi. In realtà la macchinetta
del nostro studio investigativo, ha appena finito di versare quell’acqua sporca
che chiamiamo caffè: due minuti sono passati e mi sento peggio di una persona
che si risveglia dal coma. Afferro il bicchierino di plastica e trangugio
l’intruglio amarissimo. Alcune gocce scure cadono sopra i fascicoli sulla
scrivania, ma io non me ne curo: sono destinati a finire dimenticati dentro gli
schedari e raramente verranno ripescati, soprattutto perché dovrei essere io a
occuparmene!
Oggi è giorno d’inventario e sarò felicemente costretta a
restare in ufficio tutto il giorno: Tafaz è uscito a cercare casi su cui
lavorare, mentre io avrò la scusa perfetta per ordinare una pizza da asporto…
Inizio a soppesare le cartelle marrone sporco strapiene di fogli, quando una
fra tutte mi colpisce per la sua straordinaria pesantezza. Anche la
conformazione è diversa dalle altre, questa è più grande e di colore giallo
sbiadito. La scuoto un po’ e la curiosità mi assale all’udire un rumore sordo:
tolgo subito l’elastico e rimango letteralmente strabiliata di fronte a
qualcosa che mai avrei creduto possibile.
Lancio un’occhiata oltre la finestra e mi accorgo che
nuvoloni carichi di pioggia si stanno avvicinando pericolosamente alla città e
Tafaz è uscito senza ombrello. Appena tornerà a riprenderlo mi dovrà delle
spiegazioni!
***
Un improvviso starnuto mi
coglie impreparato. Osservo il cielo grigio mentre mi pulisco col mio
fazzoletto da taschino strausato, chiederò a Fenici di metterlo a lavare
insieme alla montagna di camicie nel guardaroba. Per un attimo ho pensato che
qualcuno mi stesse maledicendo in segreto, ma ho scacciato subito
quell’immagine assurda, in realtà era più probabile che fosse solo un brutto
scherzo di questo tempo ballerino.
Ripensando all’intera
giornata, chi me lo aveva fatto fare di uscire? In fatto di procrastinare non
credo di essere secondo a nessuno, cerco sempre di assecondare la mia
ispirazione ed il mio umore, tuttavia il caso di oggi mi aveva davvero preso
nel profondo. Quel tipo strampalato era entrato nel mio ufficio tutto
circospetto, aveva l’aria di una persona braccata, teneva un braccio saldamente
chiuso sotto il cappotto, all’altezza della vita. Per decenza non ho fatto domande
sull’esatta posizione della sua mano, e per fortuna non ce ne fu bisogno,
perché dopo pochi secondi, l’omino tirò fuori dal cappotto un fascio di fogli
avvolto in una cartellina, sopra recava la semplice scritta: Naruto.
Un manga dunque, avevo
già affrontato altri casi di fumettistica nipponica, quello che più mi stupiva
era il fatto che: questa serie era già conclusa nel suo paese. Feci subito
notare al cliente che in genere non trattavo materiale spoiler, e che la
parcella sarebbe stata “un tantino” maggiorata. Lui non sembrò curarsene, mi
fissava quasi volesse riversarmi un fiume di parole tutte d’un fiato, cosa che
poi in effetti fece. Non ricordo esattamente quello che mi disse, ma mi feci
una breve scaletta mentale: in pratica sospettava che l’autore fosse stato
indotto durante la serie a delle scelte non consone, che i diversi buchi ed
errori nella trama erano dovuti a manipolazioni per accontentare i fan di una
certa fascia d’età, e che il finale era troppo scontato per non poter essere
utilizzato per una nuova serie. Quello sproloquio mi lasciò davvero esausto, ma
allo stesso tempo mi sentii molto coinvolto. A tutti gli effetti i suoi dubbi non
erano così fuori dal normale e così, anche per un motivo personale, mi ritrovai
a simpatizzare per questo fan dei ninja. Decisi dunque di lasciare il faldone
del cliente vicino ai fascicoli da inventariare, esattamente dove sapevo che Fenici
non avrebbe mai e poi mai messo le mani, le dissi che uscivo alla ricerca di
qualche caso interessante e la lasciai al suo “lavoro” d’ufficio.
Essere coinvolti talmente
tanto nel proprio lavoro è un evento raro, soprattutto quando arrivi al punto
di dimenticarti l’ombrello in ufficio in una giornata assordante per via dei
tuoni. Cacchio, la mia solita fortuna sfacciata, ecco che comincia a piovere.
***
«Sono venuto a riprendere…» Si blocca quando nota la mia occhiata carica di
sentimenti malcelati. Anche se il viso è perennemente nascosto dal cappello,
riesco a vedere una certa perplessità negli occhi spalancati.
«Che c’è?» Mi anticipa ancora prima che io possa riversargli
tutto il mio furore.
«Come hai potuto tenermelo nascosto!?» Gli lancio contro
l’enorme fascicolo che afferra di scatto. Quando ne riconosce l’aspetto, alza
gli occhi al cielo..
«Oh è per questo?!
Andiamo Fenici, davvero non lo sapevi?»
«No, non sapevo che Naruto fosse finito!» Esclamo
gonfiandomi: Tafaz sapeva della mia passione per il ninja biondo fissato con il
ramen. E aveva infilato la cartella in mezzo a dei fogli che avevo sollevato
quasi per sbaglio –il lavoro può essere molto noioso- altrimenti non lo avrei
mai scoperto!
«È da mesi che il
manga è concluso. Ma dove ti eri bloccata?» Continua a chiedermi mentre si
toglie il lungo giaccone e il cappello macchiati di pioggia.
La sua domanda mi spinge a ripescare gli ultimi ricordi che
ho delle avventure del Team 7: mi ritorna alla mente la scena in cui Gaara
combatte con un ninja dalla dubbia sessualità.
«Ehm, alla fine che cosa era successo a Gaara dopo che era
stato catturato dall’Akatsuki?» Il modo in cui mi fissa mi fa intuire che forse
avrei dovuto essere un pelino più avanti, per esigenze lavorative. Inizia a
raccogliere con le braccia una trentina di volumetti con la costina rossa da
uno schedario e me li lascia cadere sopra la scrivania.
«Mettiti in pari. Questo è un ordine del tuo superiore, ci
serve per un cliente.» Anch’io sono disperata vedendo tutti quei fumetti, ma
capisco che non posso rifiutarmi: è il primo lavoro dopo settimane. Poi mi
ricordavo la lettura di Naruto come piuttosto piacevole: non può essere
peggiorato troppo, no?
***
«Oh mio Dio!» Per una volta, Tafaz mi esprime comprensione
con una pacca sulla spalla, allungandomi un bicchiere pieno di acqua fresca.
«Ti prego Tafaz, rispondi a questa domanda: com’è stato
possibile?» All’inizio sembrava interessante, ma con il passare delle ore il
mio spirito audace era stato spezzato. E non riesco a capacitarmi di come sia
successo un cambio così drastico dagli albori della serie.
«Le motivazioni Fenici le conosciamo: il vile denaro» Il mio
cuore piange nel sentire quelle parole. Sospiro e chiedo senza troppo
entusiasmo.
«Che cosa ci ha chiesto il cliente?»
«Ha sciorinato un sacco di teorie sul fatto che il manga sia
stato sabotato dai fan, dagli editori e dall’autore stesso»
«Concordo, per un crimine del genere non ci può essere un
solo colpevole»
«In pratica vuole che troviamo un sistema per dare un degno
“addio” alla serie, per evitare che venga ricordata troppo male»
«Praticamente un inventario» A Tafaz s’illuminano gli occhi.
«Che ne dici dei dieci momenti più significativi di Naruto?»
Lo guardo e assento con ancora la rassegnazione sulla faccia stanca. Mi sembra
l’unica soluzione decente.
«Bene, mettiamoci al lavoro»
#10 – Naruto vs Sasuke
(fonte: mangareader.net)
Fenici: Questo è stato il
momento chiave che ha mutato completamente il rapporto infantile fra Naruto e
Sasuke. Se il loro primo scontro all’ospedale, interrotto dall’intervento di
Kakashi, sembrava quasi un tipico bisticcio fra due ragazzini estremamente
competitivi, con questa battaglia la loro relazione prende una svolta matura ed
anche un po’ cupa. Gli stessi capitoli precedenti preparano il terreno per
questo scontro, che si sviluppa non solo su un mero livello di potenza, ma
anche sul livello emotivo dei due protagonisti dell’opera: Naruto è esasperato
e abbattuto, ha “sacrificato” i suoi compagni di missione per raggiungere
Sasuke per poi scoprire che quest’ultimo non vuole tornare indietro. Anzi, dopo
un flashback carico di tristezza infinita in cui si rivela la strage perpetuata
da Itachi, persino lo stesso lettore vorrebbe vedere Sasuke riuscire nel suo
intento nonostante il rischio che Orochimaru possa prenderlo come suo futuro
corpo.
Sono arrivati ad
un bivio, ognuno di loro deve seguire una strada che si discosta fin troppo
dall’altra: vendetta e perdono. Sasuke vuole vendicarsi di Itachi e Naruto non
solo ha imparato a voler bene a quelli che lo hanno sempre denigrato, ma ne è
anche diventato amico. Due conclusioni così diverse da non poter convivere insieme
e Sasuke lo ha capito molto prima di Naruto. Ma Naruto non vuole arrendersi,
anzi, durante il combattimento pronuncia la famosa frase in cui minaccia di
spezzare tutte le ossa di Sasuke pur di non lasciarlo andare da Orochimaru: non
vuole perché non capisce, non vuole perché lui è l’amico che ammira e considera
simile a sé. Non basta.
La stessa
conclusione dello scontro rivela quale sia la volontà più risoluta: Sasuke che
guarda Naruto svenuto e decide di staccare ogni legame, rifiutandosi di
ascoltare l’ultimo consiglio di Itachi prima di sparire. Se vuole il potere lo
otterrà senza l’aiuto di nessuno, men che meno dell’assassino che ha distrutto
la sua famiglia. E come lui si allontana nel buio così Naruto torna alla luce
grazie all’aiuto del suo maestro, torna ai suoi amici e alla ragazza che ama
con tutto se stesso. Due strade separate.
E’ un momento
fantastico, uno dei più alti: l’introspezione durante lo scontro è ben
bilanciata con le scene d’azione e il combattimento non è scontato, i due
ragazzi sono alla pari e ripiegano entrambi sul potere conferitogli da altri.
Orochimaru e Kyuubi. La fine non è convenzionale, ma forse c’è un punto
difficilissimo da digerire, che mal si accosta con la cruda realtà affrontata
durante la battaglia fra i due genin: Naruto vuole continuare a inseguire
Sasuke e farlo tornare alla ragione. Resta bambino, si rifiuta di accettare una
linea di pensiero diversa dalla sua. Non riesce a concepire come Sasuke, con il
quale ha condiviso un enorme tratto di strada, sia voluto tornare indietro per
scegliere un altro percorso. Jiraiya è la voce della ragione inascoltata, ma
sarebbe stata quella che avrebbe fornito un ulteriore maturazione nell’animo di
Naruto: non più rifiuto, ma accettazione. Non tutti vogliono essere salvati.
La grande
verità che fa slittare questo momento di grande impatto al #10 invece di una
posizione più in alto nella classifica.
#9 – Morti Haku e Zabusa
(fonte: mangareader.net)
Fenici: Difficile dimenticarsi
del primo momento nudo e puro che ha inaugurato lo svolgersi dei combattimenti
secondo Naruto. Scene d’azione più o meno strategiche accompagnate
dall’introspezione dei personaggi, solitamente con lunghi flashback che
riguardano un tema in particolare: il sentirsi inutile e il ritrovare uno
scopo. Haku è l’esempio principe di questa predilezione di Kishimoto: orfano di
madre e reduce da un tentato assassinio da parte del padre, il ragazzo vive ai
margini della società come piccolo vagabondo, il suo sangue miete discordia e
morte per via della straordinaria abilità innata. E’ solo Zabusa a capirne il
valore e a farlo suo sottoposto e suo complice nei mille lavori in cui viene
assoldato come sicario. Qualcosa li accomuna come aveva intuito Haku all’inizio
del loro strano rapporto: gli occhi identici che s’incrociano in una strada
innevata.
Come la neve,
Haku è puro e il suo aspetto efebo ne è la dimostrazione lampante: indossa
abiti da ragazza facendosi scambiare come tale e il suo potere rappresenta
appieno il suo animo trasparente: specchi di ghiaccio. Una lama affilata dal
miglior esperto in circolazione. E’ la miscela di queste cose, del trascorso
struggente di Haku e del suo fortissimo attaccamento all’unico uomo che abbia
voluto il suo aiuto, a spezzare il cuore di chi lo vede con gli occhi vacui di
fronte allo sguardo sconvolto di Kakashi. Neppure Zabusa, per quanto provi a
resistere, riesce a trattenere le lacrime alle parole di Naruto, dette
piangendo. Haku non era solo un’arma, era l’unico che aveva capito più di tutti
quanto la loro solitudine fosse simile.
Per questo lo
Spadaccino della Nebbia decide di andarsene nell’unico modo in cui può onorarne
la memoria: uccidendo chi ne ha calciato il corpo esanime e spirare accanto a
lui, sapendo che sarà forse l’ultimo momento che passeranno assieme. Una
relazione splendida, raccontata sapientemente attraverso i vari eventi che
accadono nel corso della saga e che, come ogni tragedia che si rispetti, trova
la sua conclusione con un finale amaro.
Ma un momento
così bello viene sporcato dall’ingenuità iniziale del manga, con sotto trame
aperte e mai più riprese (la mafia contro i ninja o il pesante trascorso del
Villaggio della Nebbia) e il rappresentare Zabusa come un nemico difficile da
sconfiggere per Kakashi, quando in seguito il jonin non avrà problemi ad
affrontare personaggi più problematici del mercenario. Per vedere momenti più
completi e coerenti occorre attendere una maggiore maturazione dell’opera.
#8 Kakashi Gaiden
(fonte: mangareader.net)
Tafaz: Ci troviamo di fronte
ad una storia dentro la storia. Una breve parentesi sulle “origini” (per così
dire) di uno dei ninja più geniali del mondo di Naruto, famoso in tutti i
villaggi e capitano della squadra 7: Kakashi Hatake. La vicenda narrata è un
flashback nel quale ci viene presentato un giovane Kakashi già promosso jonin,
insieme ai suoi compagni Rin e Obito, guidati dal loro sensei, nientemeno che
il Lampo Giallo di Konoha, Minato. Tuttavia non è sulla missione che si concentra
la narrazione, quanto più sul rapporto fra il giovane Kakashi e il suo amico
Obito Uchiha. Fra i due non corre buon sangue: il primo è un genio, che vuole
ripercorrere le orme paterne ed ha dedicato tutta la sua giovane esistenza a
perfezionare le sue tecniche, il secondo pur provenendo da una famiglia dotata
di un grande potere (gli Uchiha), non sembra rappresentare le classiche
caratteristiche del “ninja cool” che già erano state mostrate con Sasuke e
Itachi. Kishimoto concentra tutte le emozioni dei due giovani ninja in pochi
appassionanti capitoli, nei quali osserviamo l’evolversi delle loro
personalità, complice anche il rapporto con il terzo personaggio del team, Rin,
che sarà catalizzatore del cambiamento dapprima in Obito e successivamente in
Kakashi. Infatti, nel corso della vicenda, sarà proprio il forte legame che
Obito sente nei confronti dell’amica che riuscirà a risvegliare il suo
sharingan, e sempre tramite Rin riuscirà a capire i veri sentimenti che
tormentano il giovane genietto del team. Nel finale vediamo anche come Kakashi
entra in possesso dello sharingan, dono di un morente Obito, quasi a suggellare
un rapporto ricostruito su un reciproco riconoscimento ed ammirazione, che
purtroppo termina tragicamente.
Questa storia,
come già detto, è una parentesi che divide le due parti del manga di Naruto.
Successivamente la storia principale prosegue nella cosiddetta Shippuden. Di
fatto come storia a se stante, la Kakashi Gaiden è davvero ben costruita e
nella sua brevità si scorgono diversi punti di forza: il parallelismo fra le
figure Kakashi – Sasuke e Obito – Naruto, aspetto che l’autore riprenderà poi
successivamente, il valore del mettersi in gioco, di confrontarsi con chi la
pensa diversamente e il maturare nuove convinzioni e nuovi valori. In questa
mini-serie infatti capiamo come Kakashi è diventato il ninja sì geniale, e
razionale, ma anche comprensivo verso gli altri, quest’ultimo aspetto è di
certo un lascito dell’amico Obito. Tuttavia, non mancano dei lati negativi, una
su tutte proprio quella brevità che ha concentrato tanti elementi, ma non ne ha
sviluppati molti fino in fondo. La Kakashi Gaiden è di fatto troppo breve e
tenuta quasi in poco conto dall’autore, se consideriamo che la colloca come
“riempitivo” fra una parte e l’altra della sua opera. Sembra quasi che
Kishimoto abbia voluto dare un contentino ai fan del ninja mascherato, più che
approfondire veramente la sua storia. Un’occasione buona per mostrare tanta
qualità, che però non è stata sfruttata al meglio.
#7 Incontro dei 3 Sennin
(fonte: mangareader.net)
Tafaz: Già dai
primi volumi del manga ci erano stati presentati come il non plus ultra del
mondo dei ninja, un trio incredibile di combattenti, tutti provenienti dal
villaggio di Konoha. Errabondi e dediti ai loro progetti misteriosi, non si
sono mai più incontrati per anni. Le vicende della trama tuttavia, portano uno
di loro Jiraiya, a dover contattare la bella Tsunade per il ruolo di quinto
Hokage. Con lui viaggia Naruto in veste di allievo e proprio poco dopo aver
incontrato la futura quinta Hokage, ecco fare la sua comparsa anche l’ultimo
membro del terzetto: Orochimaru. Data la natura malvagia e perversa di
quest’ultimo, Jiraiya e Tsunade decidono di combatterlo, dando vita ad uno
scontro di proporzioni epiche, con tecniche incredibili ed evocazioni di
animali giganti. Nel complesso questo momento è davvero topico, non solo per la
presenza di personaggi leggendari, ma anche per come questi vengono
caratterizzati: in questo scontro veniamo a conoscenza del passato dei tre
ninja, di ciò che hanno condiviso ed anche ciò che li ha divisi, diveniamo
partecipi delle loro vicende e delle loro sofferenze, mai sopite nonostante i
tanti anni di separazione. La rabbia di Tsunade nel non saper concludere nulla,
la continua ricerca di Jiraiya, e il malsano desiderio d’immortalità di
Orochimaru. Il tutto sotto gli occhi di Naruto, questa volta più spettatore che
protagonista, messo in secondo piano per dare spazio all’epico trio. Nel
complesso, questi capitoli che arrivano verso la fine della prima parte del
manga, sono di buona fattura, sia a livelo grafico nel mostrare i
combattimenti, sia a livello di contenuti. La nota stonata, tuttavia, risiede
proprio nella bellezza dei combattimenti: esagerati, pieni di tecniche
dall’aspetto e dagli effetti devastanti, intere aree devastate dal solo chakra
dei tre ninja leggendari. Di certo non quello a cui ci eravamo abituati con gli
scontri per le selezioni dei chunin. Da questo punto in poi, infatti, i
combattimenti cominceranno a prendere una piega molto più da “shonen
tradizionale”, fatto di tecniche appariscenti e devastanti, puntando sempre
meno sulla caratteristica che rendeva unico questo manga, la strategia nei
combattimenti. Quest’ultima infatti risulterà la grande assente per quasi tutto
lo shippuden, facendo perdere (ahimè) molto del fascino che si era creato
precedentemente.
#6 Morte del 3° Hokage
(fonte: mangareader.net)
Tafaz: Ancora un altro episodio della prima parte del manga.
Nell’arco conclusivo della saga della selezione dei chunin, si consuma la
trappola di Orochimaru, intenzionato a distruggere il villaggio di Konoha. Nel
portare avanti il suo piano volto a seminare il caos nel villaggio, il perfido
ninja non esita neppure ad affrontare a viso aperto il suo maestro, lo stesso
3° Hokage. A onor del vero l’astuto Orochimaru non si fa scrupoli nell’usare
una tecnica proibita, e resuscitare il primo ed il secondo Hokage per avere un
maggiore supporto al combattimento. Tuttavia, neppure con l’aiuto dei
potentissimi primi Hokage (che più tardi ritroveremo decisamente più forti e
determinanti) il nostro cattivone riuscirà ad avere la meglio. Il tutto grazie
non solo alla grande abilità strategica del 3° Hokage, ma anche e soprattutto
grazie ad un’altra tecnica proibita. Il vecchio ninja infatti, non esita a
sacrificare due suoi cloni per sigillare con questa tecnica le anime dei suoi
predecessori, ormai stremato però rimane ferito gravemente e per non far
soccombere l’intero villaggio alla folle distruzione del suo ex-allievo, decide
di sacrificare la sua vita per sigillare anche l’anima del nemico. Tuttavia
Orochimaru riesce a scamparla, ma perde definitivamente l’uso delle braccia,
dato che queste vengono sigillate dal vecchio ninja che ora può morire felice.
La morte del 3° Hokage
non è un episodio triste in sé, anzi l’autore riesce a rendere splendidamente
il senso di sacrificio e di appartenenza che l’anziano capo del villaggio di
Konoha rappresenta. Nella sua visione, il villaggio è come una famiglia, da
amare e da proteggere anche a costo della propria vita, è questo che ha sempre
contraddistinto la sua vita. Durante lo scontro con Orochimaru, questi valori
vengono trasmessi grazie ad una incredibile determinazione, ed anche qui
l’autore coglie l’occasione per mostrarci momenti della vita dell’Hokage, anche
quelli che lo hanno visto separarsi da un ribelle Orochimaru, con grande
tristezza e senso di fallimento, non essere riuscito a comprendere il suo
allievo, non essere riuscito a farlo partecipe della sua visione. Tutto questo
viene convogliato nello scontro tra i due, nel quale il capo-villaggio decide
che è il momento per recidere ogni legame, ma per farlo decide anche che dovrà
farlo tramite un grande sacrificio, quasi fosse un atto di espiazione per il
proprio fallimento di gioventù. Nella morte tuttavia c’è la speranza, quella
che l’hokage ripone in Naruto e nelle nuove generazioni, per questo la sua
morte, non viene percepita con tristezza o malinconia, ma come un evento
totalmente in linea con la storia e con il corso che l’autore vuole dare alle
vicende. Rimangono però alcuni dubbi, che riguardano soprattutto la tecnica
usata dal 3° hokage per sigillare le anime dei suoi predecessori e le braccia
di Orochimaru: questa tecnica permette di sigillare definitivamente tutto
quello che viene estratto dal corpo (così viene spiegato). Quindi possiamo
dedurre che né le anime degli hokage resuscitati, né le braccia di Orochimaru possano
ritornare. Eppure, nel corso della storia, non soltanto Orochimaru recupera
l’uso delle braccia, ma vengono resuscitati di nuovo gli hokage, andando così a
rompere la coerenza che si era creata precedentemente e rendendo la morte del
3° hokage del tutto inutile. Questa incoerenza ed inesattezza nella trama,
rovina (e non di poco) uno degli episodi che avrebbe meritato un posto migliore
in questa classifica.